Vai al contenuto
Attività

L’industria italiana del lusso tra cultura e manifattura

    • Milano
    • 9 Giugno 2014

          Il lusso e l’altagamma rappresentano  a livello mondiale un mercato di 730 miliardi  di dollari, di cui il sottosegmento dei personal luxurury good vale 230 miliardi di dollari e vede  l’Italia co-leader coi francesi con oltre 50 miliardi a testa. In particolare, l’Italia detiene la leadership del prodotto, quindi della manifattura e della creatività. Tant’è vero che moltissimi dei prodotti di lusso francesi sono realizzati in Italia, la seconda economia manifatturiera in Europa, la quinta nel mondo e, tra le grandi potenze europee, l’unica che ha mantenuto stabile questa posizione, negli ultimi 30-40 anni, potendo contare su di un’artigianalità  di valore e di lunga tradizione,  riconosciuta e ricercata a livello globale.  

          L’Italia ha, inoltre, un vantaggio competitivo endogeno che va rintracciato nella bellezza della natura, dei suoi paesaggi straordinari che hanno ispirato, nei suoi millenni di storia, le menti più brillanti del Mediterraneo. Un  vantaggio competitivo endogeno che ha, quindi, radici antiche e gode di un mercato importante e in crescita, che vale un terzo del PIL italiano, e che continua a crescere.  L’industria di altagamma ha un  ruolo di ambasciatore culturale nel mondo perché sono quei  seimila negozi monomarca, quelle decine di migliaia di ristoranti, quelle centinaia di milioni di oggetti, di prodotti che vengono scambiati, venduti a centinaia di milioni di consumatori nel mondo che rappresentano l’Italia all’estero.

          Di conseguenza accelerare questo sistema significa rinforzare il mondo dell’impresa. E per farlo è necessario superare il modello d’impresa  familiare-padronale, dominante in Italia, per poter aprire questo tipo di industria alla concorrenza globale e quindi, innanzitutto, al mercato dei capitali, adeguando la governance, i sistemi organizzativi e anche le strategie di accesso al mercato e di distribuzione,  al fine di risultare più competitivi. Questo è un esercizio che comporta uno sforzo da parte degli imprenditori e che deve essere accompagnato non solo da un interesse specifico del sistema finanziario, ma anche delle istituzioni che devono cogliere questa precisa opportunità con delle politiche industriali forti, al fine di favorire il vantaggio competitivo.

          La natura ibrida del lusso si costruisce e si alimenta della sinergia di più dimensioni quali la cultura, l’arte (la relazione delle grandi Griffe con quest’ultima è sotto gli occhi di tutti dalla Fondazione Cartier, a quella di Prada, a quella di Trussardi, e così via..), la ricerca, l’esclusività, l’esperienza unica, altamente estetica e coinvolgente che i suoi prodotti offrono. A questi si aggiungono i valori identificabile nell’heritage e nella tradizione, nonché, attualmente, nel rispetto per l’ambiente: una serie di intangibles che, unitamente all’eccellenza che ne contraddistingue la qualità, devono confluire a produrre una narrazione in cui il lusso sappia parlare alle menti e ai cuori dei consumatori, in maniera efficace. È infatti indubbio che il lusso trae il suo valore addizionale dal suo rapporto unico e quasi simbiotico col tempo, col sacro, con la storia, con tutto ciò che eleva a mito il brand.

          E l’Italia in questo è avvantaggiata poiché i suoi prodotti si nutrono proprio di quella storia, di quella  autenticità,  di quella tradizione, di quella bellezza, di quel saper fare e di quel gusto unici che possono costruire una narrazione tale da regalare uno “sogno possibile” ai consumatori.