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Attività

L’industria agroalimentare italiana: un settore strategico nei mercati globali

    • Milano
    • 20 Maggio 2013

          Il rilancio dell’economia italiana può avvenire solo se si valorizzano i punti di forza del nostro sistema produttivo, e fra questi l’industria agroalimentare è candidata a giocare un ruolo da protagonista. Il comparto, infatti, è riuscito a mantenere alta la bandiera del Made in Italy anche in una congiuntura economica negativa. La produzione nazionale non solo ha retto alla competizione internazionale, ma continua a mostrare una crescita positiva in termini di esportazioni (+8% nel 2012) e rappresenta anche una delle poche vibranti realtà produttive nel Mezzogiorno d’Italia.

          Tuttavia è diffusa la percezione, sia fra gli operatori del settore che presso l’opinione pubblica, che questo vasto patrimonio non sia adeguatamente valorizzato e che le sue enormi potenzialità rimangano per lo più inespresse. Soprattutto, sono troppo spesso trascurate le occasioni di sviluppo economico e di nuove imprese  che possono nascere dall’intersezione tra il nostro variegato patrimonio enogastronomico, la cultura italiana, e l’accoglienza turistica. Gli sforzi in questo senso dovrebbero essere volti a una comunicazione moderna e mirata verso i paesi da cui possiamo “importare” turisti prima ancora che esportare prodotti alimentari. Il target non deve essere solo il bacino delle decine di milioni di nuovi high net worth individual dei paesi emergenti, ma anche i mercati sviluppati  – come gli Stati Uniti – dove, a parte il presidio dei grandi centri urbani, i prodotti agroalimentari italiani sono ancora ben lungi dall’aver penetrato la domanda potenziale. 

          Anche la relazione tra lo sviluppo dell’agroalimentare e il recupero (e manutenzione) del paesaggio è un tema che non riceve l’adeguata attenzione da parte del governo centrale e delle amministrazioni locali. L’Italia ha il vantaggio di una varietà climatica e geografica che, dalle Alpi alla Sicilia, si traduce in una ricchezza, forse unica al mondo, di produzioni altamente diversificate. Al tempo stesso, la produzione agroalimentare non è sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale e le importazioni sono un fattore da cui sempre meno si potrà prescindere. È quindi opportuno fare scelte tempestive e chiare sulle priorità, e in particolare sulla destinazione delle ridotte risorse agricole del Paese, con una strategia che, da un lato, tuteli e valorizzi il paesaggio, e, dall’altro, garantisca per i nostri prodotti il posizionamento di eccellenza da perseguire e difendere.

          Chiave di volta nel legame tra territorio e produzioni di qualità è la protezione del marchio, che non può limitarsi alle tutele delle denominazioni d’origine controllate e protette in sede europea, ma richiede adeguati strumenti e politiche, a livello internazionale, sia sul piano della lotta alla contraffazione sia su quello, forse più pericoloso, del proliferare di prodotti stranieri con simulati richiami all’italianità (Italian sounding). I meccanismi di difesa da queste minacce si devono fondare certamente su un maggiore coinvolgimento delle istituzioni, per esempio con un rafforzamento del desk anticontraffazione o con accordi bilaterali per la tutela dei prodotti autentici. Ma anche le filiere produttive nazionali devono evolvere per aggredire più efficacemente i mercati di sbocco facendo conoscere e affermando quegli standard di qualità italiana che possono, una volta radicati, difficilmente essere imitati o contraffatti.

          Gli operatori della filiera agroalimentare devono farsi quindi motore del cambiamento attivando nuove formule distributive per supportare le esportazioni e superando quei limiti dimensionali che, come in altri settori, non consentono alle imprese italiane di competere efficacemente sui mercati globali. Se incentivi fiscali alla crescita esterna potrebbero non vincere le resistenze all’indipendenza tipiche degli imprenditori italiani, lo Stato potrebbe comunque favorire la crescita per vie interne supportando l’innesto di competenze manageriali ed economiche nelle aziende del settore, e soprattutto garantendo quadri regolamentari e fiscali più stabili nel tempo che riducano i costi burocratici per le realtà imprenditoriali. 

          L’attrazione che lo stile di vita italiano continua a esercitare su una platea internazionale sempre più vasta è un patrimonio ricco e fragile al tempo stesso. La tutela e valorizzazione di questo elemento passa, con riferimento all’agroalimentare, anche per una migliore educazione alimentare dei consumatori. E verso questo obiettivo, le istituzioni devono impegnarsi aggregando gli interessi, talora divergenti, dei componenti della filiera.