Al centro del dibattito sono stati i termini della complessità del sistema Italia, nel contesto economico internazionale, con, sullo sfondo, la percezione diffusa di uno stato di crisi. Se si guarda all’economia reale emerge la necessità di accompagnare il posizionamento competitivo dei settori e delle imprese italiane nel panorama internazionale con interventi capaci d’incidere sull’evoluzione del sistema d’istruzione e ricerca, sul funzionamento del mercato del lavoro, sul sistema del credito. Da un lato – il caso degli USA lo conferma – dalla crisi si esce se si è capaci di realizzare profonde trasformazioni scientifiche, tecnologiche, organizzative. Dall’altro, il sistema industriale italiano soffre un ambiente che non sembra fornire vantaggi comparati per fare impresa, con una crescente opacità e incertezza delle regole e con una produzione di beni pubblici e di servizi di qualità non adeguata rispetto al livello complessivo di pressione fiscale.
Se si considera poi il sistema finanziario si rileva l’esistenza di uno iato tra l’entità del risparmio privato e la sua capacità di essere impiegato per usi produttivi. Una distanza, questa, che potrà essere colmata dando più spazio a nuovi canali d’investimento, con una maggiore cultura finanziaria e con politiche fiscali adeguate. Su di un piano diverso, la crescita è bloccata dall’eccesso di debito e dall’accoppiamento tra sistema bancario e debito sovrano, segnato dal divario dimensionale tra grandi banche e Stati sovrani, oltre che da un forte sbilanciamento degli attivi degli Istituti bancari verso debiti sovrani nazionali.
Conta in questo la realtà dell’Europa di oggi: in un quadro segnato dal prevalere del metodo intergovernativo sul metodo comunitario, è necessario porre in essere nuovi strumenti europei per il rilancio degli investimenti, valorizzando il ruolo della Banca Europea degli Investimenti. L’unione bancaria europea introduce una devoluzione molto forte di poteri, con la necessità di realizzare congiuntamente condizioni d’integrazione tra i mercati finanziari, di supervisione e di stabilità macro finanziaria.
Infine, si è discusso della sfida posta dall’invecchiamento della popolazione sia sul processo di consolidamento fiscale che sul potenziale di crescita del Paese. L’evoluzione demografica, oltre ad aumentare la quota della popolazione non più in età attiva, presenta un profilo particolarmente sfavorevole per le regioni del Sud. Le riforme già introdotte per il sistema pensionistico e l’assetto del sistema sanitario producono effetti positivi di contenimento della crescita della spesa pubblica. Tuttavia, gli andamenti demografici richiedono di essere compensati attraverso un forte incremento della produttività del lavoro e di essere accompagnati da una ridefinizione del peso dei diversi istituti di welfare, definendo un assetto che, nel tempo, incida positivamente sia sui livelli di occupazione che sulle variabili demografiche.