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Attività

The changing Mediterranean: the quest for growth and the Gulf factor

    • Napoli
    • 5 Luglio 2013

          Il Mar Mediterraneo connette naturalmente l’Europa non soltanto  al Nordafrica, ma anche al Medio Oriente, alla penisola anatolica, e al Golfo Persico. Lungo tutti questi assi ci sono opportunità di crescita attraverso una maggiore interdipendenza, nonostante le attuali difficoltà per le economie europee e l’incertezza politica che frena quelle della sponda sud. Vi sono anche forti elementi di complementarietà – produttivi, demografici, finanziari – che sono sfruttati in modo insufficienti o sono finora rimasti ostaggio di considerazioni geopolitiche. Perché le opportunità vengano colte è necessaria una combinazione di interventi governativi (quantomeno per garantire un quadro regolamentare affidabile e una spinta iniziale per investimenti massicci) e iniziative private (che possono utilmente applicare “lessons learned” anche mettendo a frutto la maggiore facilità nelle comunicazioni e nello scambio di conoscenze).

          Non c’è dubbio che le transizioni – ad oggi largamente incomplete – in alcuni paesi arabi continueranno a generare incertezza e richiederanno tempi lunghi perché maturino condizioni sociali e istituzionali più propizie ad una crescita solida e sostenibile. Si dovrà inoltre ricercare con pragmatismo un modello di sviluppo che, pur rispettando alcuni criteri fondamentali di buona governance, si adatti alle circostanze locali. In ogni caso, i sistemi politico-istituzionali dovranno essere il più possibile inclusivi per allargare le basi del consenso e favorire compromessi difficili. Questa è una delle lezioni cruciali degli eventi dal 2011 ad oggi, e l’Egitto ne è solo l’ultimo esempio.

          Gli scambi internazionali sono una componente essenziale della crescita e dell’innovazione: le misure di apertura al commercio possono dare un contributo decisivo al miglioramento del tenore di vita (o quantomeno delle prospettive di medio termine), e dunque indirettamente alla stabilità politico-strategica dell’intera regione. Anche il ruolo delle Istituzioni Finanziarie Internazionali è cruciale, sia per sostenere il reddito dei paesi in maggiore difficoltà sia per indirizzare le scelte economiche verso le riforme più indispensabili.

          Lo sviluppo delle risorse e dei collegamenti energetici richiede infrastrutture adeguate e dunque massicci investimenti. Sebbene gli investimenti privati siano insostituibili, la componente governativa è necessaria per fornire alcune garanzie rispetto al rischio di impresa e – anche sulla base di esperienza recenti – per lanciare progetti complessi con un lungo orizzonte temporale. A tal fine, sarebbe opportuno considerare la creazione di una nuova Banca regionale per sviluppo.

          Le risorse finanziarie per operazioni di questo tipo su vasta scala sono effettivamente disponibili, soprattutto se i paesi del Golfo e quelli europei saranno disposti ad aumentare il grado di integrazione reciproca con un naturale punto focale nel bacino del Mediterraneo, creando importanti sinergie. Esiste, tuttavia, un rischio che le condizioni politico-sociali nel mondo arabo, come anche una certa introversione dei paesi europei, finiscano invece per frammentare la regione e produrre nuove barriere agli scambi.

          Considerazioni in parte analoghe si applicano al settore delle tecnologie per l’informazione e le comunicazioni: c’è un grande potenziale di ampliamento delle reti esistenti a fronte di un forte aumento durevole della domanda complessiva. Anche in questo caso, sulla base delle esperienze accumulate negli ultimi anni, alcuni paesi del Golfo possono fare da catalizzatori per processi di innovazione e crescita dei mercati, con una stretta interazione tra governi e imprese. Non esiste un vero modello applicabile senza correttivi, ma determinati fattori sono comunque necessari, a cominciare da buoni programmi di formazione professionale – per trasformare le molte diaspore presenti nel Mediterraneo allargato in una grande risorsa per tutti – o l’accesso al credito (anche per le medie e piccoli imprese) e un apparato statuale efficiente nell’interagire con quello privato.

          Una dinamica trasversale che riguarda tutti i settori presi in considerazione durante il Seminario è quella del necessario equilibrio tra cambiamento sociale e affidabilità delle istituzioni: il cambiamento è inevitabile, ma può essere incanalato entro argini pacifici e costituzionali soltanto se le istituzioni rispondono ai cittadini. A queste condizioni, una certa dose di sperimentazione politica può riflettere in modo costruttivo le capacità innovative del sistema imprenditoriale o il naturale ricambio generazionale, invece di tradursi in pericolosa instabilità per un sistema-paese o perfino l’intera regione.

          Una sessione ad hoc è stata dedicata ai recentissimi eventi in Egitto, che non si prestano ancora a un’analisi complessiva vista l’imprevedibilità dei prossimi sviluppi. In ogni caso, ne emerge la conferma che le transizioni sociali possono attraversare varie fasi anche molto rapidamente, sebbene le istituzioni e il quadro culturale abbiano bisogno di tempi più lunghi per consolidarsi. C’è un vasto consenso comunque sulla priorità urgente di offrire prospettive economiche migliori ai vasti strati della popolazione oggi delusi dall’operato della classe dirigente e solo parzialmente interessati alle questioni ideologiche e di principio.

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