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Attività

Mercato del lavoro e competitività

    • Roma
    • 18 Febbraio 2015

          Un dialogo sul mercato del lavoro in Italia e il confronto con altre realtà e modelli (tedesco e olandese, soprattutto) sono quanto mai opportuni oggi laddove si registra una disoccupazione superiore alla media UE (record per quella giovanile) unita al calo della produzione industriale e ai prezzi al consumo.

          Si fa fatica a comprendere come tornare a essere il Paese competitivo di una volta senza puntare sulla formazione delle nuove generazioni, che deve essere adeguata più che al tempo presente, a quello futuro, sostenendo politiche pubbliche di orientamento fin dalla terza media. Non ci si può permettere di formare per decenni dei giovani su lavori che non esisteranno più (il 40% dei lavori attuali scomparirà entro i prossimi 15 anni).

          Occorre, quindi, un rinnovamento del nostro sistema universitario, più integrato alle imprese anche nella formazione dei curricula degli studenti, e puntare sulle lingue, l’informatica e le professionalità che vengono richieste dalle aziende leader nei mercati in espansione (il Data Scientist tra le qualifiche più richieste, eppure esiste un solo corso di laurea specifico in tutta Europa).

          La stessa formazione professionale, in Italia utilizzata solo per creare posti di lavoro di bassa manovalanza, potrebbe seguire il modello tedesco, dove ci si specializza come tecnici in settori di sviluppo strategico dell’industria del domani (es. aerospazio).Va, quindi, implementata l’alternanza scuola-lavoro e occorre trovare soluzioni di flessibilità capaci di attrarre investimenti esteri.

          La rigidità è stata una delle cause di questa lunga crisi. Grandi aziende hanno lasciato spazio a realtà più piccole e flessibili, ma il mercato del lavoro non ha seguito questa tendenza, risultando poco competitivo sul fronte dei costi, una delle cause dell’alta disoccupazione italiana.Il programma Europeo Garanzia Giovani ha provato a dare risposte in questo senso: buone dal punto di vista dei giovani intercettati (400.000, in crescita costante) e scarse, finora, da quello dei risultati.

          Il confronto con altri Paesi Europei, soprattutto la Germania, è impietoso su molti fronti.

          La stessa Pubblica Amministrazione è un terreno scivoloso: i tedeschi offrono circa 280mila posti di lavoro in più ai loro giovani (Sanità, servizi sociali e Istruzione, soprattutto), rispetto quanto stia facendo l’Italia. Il blocco del turnover non permette di attrarre giovani nel nostro mercato del lavoro, e, nonostante questo blocco, la spesa pubblica continua ad aumentare.

          Occorre trovare il modello adeguato di Flexicurity: la direzione era stata indicata molti anni fa, ma non si è riusciti ad andare avanti, per instabilità politica e mancanza di implementazione delle leggi che sono state approvate negli anni.

          La legge delega 183/2014 (Jobs Act) risponde parzialmente alle esigenze del Paese andando a regolamentare la flessibilità del lavoro in uscita, ma alcune cose (flessibilità interna, tutele, apprendistato, sfoltimento dei tipi contrattuali, servizi all’impiego) andrebbero approfondite. Il Jobs Act indica inoltre la strada del contratto di ricollocazione secondo l’esperienza olandese, provando ad integrare i servizi pubblici con quelli privati, con il centro per l’impiego che funge da hub. Sarebbe importante quindi che la futura  Agenzia nazionale per il lavoro riuscisse ad avere funzioni di controllo e coordinamento, tendendo a favorire una partnership pubblico-privato che dia spazio alla scelta del lavoratore.