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Attività

Mercato, concorrenza, regole. LʹItalia, lʹEuropa e gli altri

    Incontro con Giovanni Pitruzzella
    • Roma
    • 20 Maggio 2015

          La disciplina antitrust ha un approccio molto dinamico. Si adatta alla continua evoluzione dei mercati ed ha obiettivi mobili nel tempo. Globalizzazione geografica e crisi internazionale sono fattori che incidono in modo significativo sulla concorrenza. Si è quasi persa del tutto l’ispirazione originaria dello Sherman Act  americano del 1890, che aveva l’obiettivo di difendere le piccole imprese contro i “giganti”. L’orientamento è poi stato di ricercare più benessere generale attraverso la promozione della concorrenza. Negli ultimi anni, tuttavia, le motivazioni alla base di quel dilemma iniziale del capitalismo americano si ripropongono: le concentrazioni rispondono a obiettivi di efficienza? Se è così, occorre chiedersi quanto pluralismo del mercato deve essere sacrificato per assicurare una migliore qualità e prezzo di alcuni prodotti a beneficio dei consumatori. D’altronde la competizione globale richiede alle imprese di  ricercare economie di scala sempre maggiori, di crescere nelle dimensioni e di stringere collaborazioni, di spostare geograficamente le varie fasi di produzione dove possono essere più valorizzate (global value chains). L’accresciuta dimensione internazionale dei mercati richiede di superare le asimmetrie regolamentari delle varie nazioni. Per ridurre ostacoli e barriere, le autorità nazionali europee si coordinano per  uniformare le regole e le prassi seguite nei diversi paesi. Un’ulteriore sfida è incrementare la collaborazione esistente in questo ambito con i partner economici extra-UE. Per alcuni mercati si dovrebbe, inoltre, tempestivamente ricercare una regolamentazione e unificazione a livello europeo: energia e telecomunicazioni sono due esempi.

          Il dilemma “più efficienza o più concorrenza” è particolarmente evidente quando viene declinato in chiave tecnologica. L’economia di internet si valorizza in funzione dell’espansione della rete e dei suoi utilizzatori. Conseguentemente, gli operatori in questi ambiti tendono a consolidare la propria posizione di mercato verso una situazione di dominanza, ma al contempo promuovono servizi innovativi. Dunque, in un’analisi statica, le concentrazioni possono rappresentare un beneficio per i consumatori, pur riducendo la loro capacità di scelta. Ma il rischio è “chi vince prende tutto”. La promozione della concorrenza rimane, comunque, l’obiettivo da perseguire anche in tempi di crisi. La riflessione apertasi a livello europeo su un approccio antitrust a “geometria variabile”, più flessibile in condizioni di congiuntura sfavorevole, non ha raccolto consensi. La concorrenza deve essere considerata, infatti, una risorsa per la crescita e per un’innovazione tecnologica diffusa. Quest’ultimo aspetto non implica necessariamente un abbassamento dei prezzi: occorre considerare che l’innovazione è un valore così decisivo per cui deve essere limitato il rischio di eccesso di esercizio dei poteri delle autorità antitrust.

          L’Italia esprime un miglioramento della sua attitudine concorrenziale, anche attraverso l’impegno dal lato normativo e delle attività dell’Autorità. Concorrenza e antitrust sono risorse per un equilibrio fra democrazia, mercato e coesione sociale. Troppo spesso nel dibattito istituzionale la concorrenza è vista come un problema, non come una soluzione. Lo dimostra la difficoltà di realizzare le liberalizzazioni. Senza concorrenza non si ha mobilità sociale, si perpetua il capitalismo di relazione basato sui privilegi piuttosto che sul merito. Così, le giovani generazioni ereditano quella che è stata definita “una Repubblica fondata sulle rendite”: non solo patrimoniali, ma anche nei vari ambiti professionali. Un’altra eredità che viene trasferita ai giovani è un debito pubblico che, per alcuni aspetti, è generato da limiti alla concorrenza. Le aziende pubbliche possedute da Regioni e Enti Locali hanno infatti creato una chiusura e degenerazione del libero mercato, in un rapporto morganatico fra pubbliche amministrazioni committenti e società in-house, oggetto anche della critica di spending review. Senza concorrenza non vi è spinta al riconoscimento del merito. La competizione spinge ogni impresa a premiare i più capaci, a selezionare i più preparati. E’ stato scritto che “una vera economia di mercato è inevitabilmente meritocratica. La concorrenza sta all’impresa come il merito sta alla persona. Questa è l’equazione alla base dell’economia di mercato e in grado di generare sviluppo” [1].

           

           

           


          [1]  Lucio Stanca, “L’Italia vista da fuori e da dentro”, Il Sole 24 Ore, 2013.