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Attività

L’ambiente marittimo quale centro di gravità geopolitico per la sicurezza dell’Italia

    Incontro con Giuseppe De Giorgi
    • Roma
    • 19 Gennaio 2015

          Il Mediterraneo, frontiera “liquida” dell’Italia è l’unica aperta alla dimensione extraeuropea: la posizione e sviluppo costiero garantiscono ancora al nostro Paese una rendita come hub strategico europeo  in quello che viene definito un nuovo “secolo marittimo”. L’Italia possiede la prima flotta di navi traghetto, la dodicesima flotta mercantile del mondo (quarta in Europa), la terza flotta peschereccia europea e il cluster marittimo nazionale genera il 3% del PIL.

          Il Mediterraneo, pur rappresentando solo l’1% della superficie acquea globale, è  attraversato dal 19% del traffico marittimo mondiale, dal 30% del traffico di petrolio, dal 65% delle altre risorse energetiche destinate all’Europa, disponendo inoltre di significative risorse energetiche recentemente scoperte. Ma i problemi vanno ben oltre i confini geografici del bacino e sono strettamente correlati alle realtà del Golfo Persico, del Golfo di Guinea, del Golfo di Aden e dell’Oceano Indiano. L’interesse nazionale italiano in ambiente marittimo si allarga, dunque, sino al Mozambico e all’Angola, in aree dove la crescente pirateria richiede una maggiore tutela di flussi di merci strategiche.

          Esistono persistenti difficoltà a realizzare una riforma dei meccanismi internazionali di cooperazione che il Mediterraneo richiede. In particolare, oltre al concerto europeo, serve cooperare con i Paesi della sponda sud per anticipare e, possibilmente, prevenire le migrazioni bibliche che segnano le cronache di questi anni.

          Nel 2014 i profughi morti nel Mediterraneo sono stati 3.224, il 66% del totale mondiale (4.868) e quattro volte più del 2013 [1]. Con 33 milioni di sfollati interni e 17 milioni di rifugiati, il numero di persone in fuga dai conflitti è oggi il più alto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. L’operazione Mare Nostrum, da poco conclusa, costituisce un esempio internazionale e ha consentito il salvataggio di 140mila persone: ci si chiede se la ridotta capacità della nuova e meno onerosa operazione Triton possa avere l’efficacia auspicata. Soprattutto ci si chiede quale ruolo debba avere l’Europa e quale debba essere il coordinamento fra le risorse di difesa e sicurezza dei singoli paesi europei per affrontare questa emergenza umanitaria.

          La crescente instabilità del Mediterraneo richiede risposte efficaci e corali per la tenuta di questa cerniera tra il Nord stabile e il Sud conflittuale dopo l’esito delle primavere arabe, l’estensione del fondamentalismo islamico e l’insorgere di conflitti intra-islamici – di cui ISIS rappresenta il fenomeno più estremo – lo spostamento del focus navale americano nel Pacifico, e la “territorializzazione” dell’alto mare, che limita il legittimo sfruttamento delle risorse marine.

          Occorre sostenere una politica a tutela degli  interessi italiani ed europei, anche attraverso uno strumento militare coerente. Solo così si potrà garantire all’Italia il rafforzamento di un ruolo primario nella difesa avanzata e nella sicurezza. Tutto questo al fine strategico di mantenere l’equilibrio dell’area, essere un riferimento per i Paesi nord-africani e mediorientali, offrire una risposta condivisa alle sfide umanitarie e strategiche di quest’area.   


          [1]  Rapporto 2014 Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni – Onu)