La crisi economica e le sue conseguenze sociali hanno messo profondamente in discussione l’attuale paradigma economico basato sull’individualismo competitivo, sulla massimizzazione dell’utile del singolo e sulla “mano invisibile” capace di regolamentare il mercato. Il concetto che il bene comune sia la mera somma dell’utile individuale non pare, quindi, più sostenibile negli scenari attuali economici e sociali. È necessario andare oltre quel concetto di attività economica limitata alla sola logica mercantile senza giustizia distributiva, solidarietà, sussidiarietà e concetto del dono. Come indicato nell’Enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate, lo sviluppo – se vuole essere autenticamente umano – deve fare spazio al principio di gratuità.
Tutto questo è vero anche per il mercato. La logica mercantile va finalizzata al perseguimento del bene comune: servono forme economiche solidali, mercato e politica necessitano di “persone aperte al dono reciproco”. In questo quadro l’imprenditore sarà chiamato ad una maggiore etica ed attenzione verso tutte le categorie di soggetti che contribuiscono alla vita e allo sviluppo dell’impresa. Lo Stato, dal canto suo, dovrà garantire redistribuzione di ricchezza che riduca la disuguaglianza e garantisca la coesione sociale, senza frenare la volontà di adattamento e di evoluzione delle imprese.
Dove è possibile ricominciare a costruire, e come si colloca il dono ai tempi della crisi? L’ispirazione può essere il Cortile dei Gentili, un luogo costruito nel tempio di Gerusalemme, uno spazio che tutti potevano attraversare e nel quale potevano restare senza distinzioni di cultura, lingua o professione religiosa: un luogo di incontro e di diversità. Se, dunque, la cornice è il dialogo concretizzato nel Cortile dei Gentili il quadro è l’economia e la gratuità.
Come si pone allora questo nuovo paradigma? I paesi di cultura anglosassone – principalmente Regno Unito e Stati Uniti d’America – vengono spesso citati come esempi di società in cui è valorizzata la sussidiarietà: questo principio organizzativo del potere basato su una ben precisa antropologia traduce nella vita politica, economica e sociale una concezione globale dell’essere umano e della società. In questa concezione, il fulcro dell’ordinamento giuridico resta la persona, intesa come individuo in relazione, e perciò le funzioni pubbliche devono competere in prima istanza a chi è più vicino alle persone, ai loro bisogni e alle loro risorse.
La cultura europea ha anche altri radici che rivelano una storia millenaria: l’Europa non sarebbe come oggi la si conosce, anche sotto il profilo sociale ed economico, senza il movimento benedettino e quello francescano da cui hanno avuto origine innovazioni fondamentali anche per quella che sarebbe poi diventata l’economia di mercato. La sensibilità umanitaria di tanti ordini religiosi tra il XVIII e XIX sec. – che hanno dato vita ad ospedali, scuole, opere caritative – ha segnato la nascita e lo sviluppo del moderno stato sociale.
In quasi tutti i Paesi industrializzati è in atto una significativa crescita del terzo settore, ossia di tutte quelle iniziative sociali ed economiche che non appartengono né al settore privato for-profit, né al settore pubblico. Tali iniziative si sviluppano spesso a partire da organizzazioni di volontariato e assumono diverse forme giuridiche. Per molti versi esse rappresentano una nuova (o una rinnovata) espressione della società civile, in una fase di crisi dell’economia, indebolimento dei legami sociali e crescenti difficoltà dei sistemi pubblici di welfare. In Italia le imprese sociali sono circa 600. Il decollo dell’impresa sociale dovrebbe poter contare su un ampio percorso di armonizzazione fiscale e su una maggiore attenzione degli Enti locali e dello Stato mediante incentivi, anche finanziari, o tramite l’inserimento a pieno titolo come soggetto potenzialmente beneficiario di gare o bandi finora riservati alle sole società commerciali.
Se il mercato è senza dubbio competizione e concorrenza, è però necessario trovare uno spazio per opere puramente benefiche, ridisegnare dunque una linea di confine tra l’economia e il concetto di gratuità.
La Caritas in Veritate aiuta a capire questo “andare oltre”: “L’essere umano è fatto per il dono… “La carità eccede la giustizia, ma non è mai senza la giustizia…..Non posso donare all’altro del mio senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia…”.
Da una parte, quindi, la carità esige la giustizia, dall’altra supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. Si torna alla cornice, al Cortile dei Gentili, al ri-trovare uno spazio comune, abbattendo i muri di separazione nella cultura e negli atteggiamenti e a ridisegnare il quadro con nuovi colori.