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Attività

Ageing societies and sustainable health systems

    • Roma
    • 12 Febbraio 2009

          Il workshop dedicato alla sostenibilità dei sistemi sanitari di fronte all’invecchiamento della popolazione  ha messo in luce il fatto che il fenomeno interessa tutti i Paesi, sviluppati o in via di sviluppo. Dalla metà dell’Ottocento l’aspettativa di vita alla nascita è raddoppiata e in alcuni casi più che raddoppiata in tutti i Paesi industrializzati. Nel contempo, i tassi di natalità e di fertilità sono in caduta, e nei Paesi Occidentali hanno raggiunto un quarto dei livelli di inizio Novecento. L’Italia è, assieme al Giappone, il Paese con la percentuale più alta di ultrasessantacinquenni sul totale della popolazione e rimarrà tra i più vecchi anche in prospettiva, quando nel 2050 gli ultrasessantacinquenni supereranno il 30 per cento, l’incidenza più elevata dopo Giappone e Spagna.

          Questi sono i tratti fondamentali dello scenario demografico emerso in occasione del workshop Ageing societies and sustainable health systems. Quali conseguenze avrà l’invecchiamento della popolazione sui sistemi sanitari e, più in generale, sui sistemi di sicurezza sociale? Essenzialmente su questa domanda si sono concentrati i diversi contributi. Ne sono emersi alcuni punti fermi, tra cui la velocità e per certi versi l’irreversibilità del processo di invecchiamento e numerosi elementi di criticità.  L’incontro ha anche confermato che il processo di invecchiamento impatta, attraverso canali multipli, su tutte le grandezze e le categorie dell’economia, della finanza e della società.

          I Paesi ad economia e welfare sviluppati saranno i primi a sperimentare le conseguenze dell’invecchiamento, dalla spesa del welfare system al gettito fiscale/contributivo al complesso delle finanze pubbliche; dai cambiamenti nei modelli di consumo alla dimensione e alla composizione delle forze di lavoro; dall’andamento dei risparmi e dei tassi di interesse all’accumulazione di capitale; dalla produttività dei fattori alla crescita sistemica; dai rapporti interpersonali all’interno delle famiglie all’organizzazione sociale nel suo complesso.

          L’inversione della piramide demografica implica, rispetto agli anni ‘50-‘60 del secolo scorso in cui si sono sviluppati i sistemi sociali finanziati prevalentemente a ripartizione, una necessaria revisione di questo modello diversificando il finanziamento: si potrebbe infatti accostare al pay-as-you-go pubblico un canale complementare basato su programmi di investimento di lungo termine. Questo implicherà una profonda ristrutturazione dei welfare system della maggior parte dei Paesi.

          Inoltre, una popolazione anziana in media consuma di meno di una popolazione più giovane e, soprattutto, ha un mix di consumi diverso e focalizzato su generi come il sanitario-farmaceutico; questo comporta che l’invecchiamento coinvolgerà dimensione e composizione della domanda e influenzerà lo sviluppo dei settori produttivi.

          Ma gli effetti non riguardano solo l’economia reale: la popolazione che invecchia è portata a dismettere gli investimenti precedentemente accumulati, con effetti di riduzione dei prezzi degli asset e di aumento sui rendimenti di titoli e obbligazioni.  Questo aspetto va considerato nei progetti di riforma multipilastro dei sistemi pensionistici e della sanità, per bilanciare finanziamento a ripartizione e finanziamento tramite i frutti di investimenti ad hoc sui mercati. 

          Inoltre, le migrazioni non potranno controbilanciare stabilmente l’invecchiamento perché l’invecchiamento ha natura generalizzata e riguarda tutti, mentre i flussi migratori sono limitati sia dalla capacità fisica di accoglienza dei Paesi ospitanti, sia dalla dimensione dei loro mercati del lavoro dove gli immigrati dovrebbero trovare inserimento occupazionale.

          Tra le voci del welfare system, la sanità è quella su cui l’invecchiamento della popolazione è in grado di esercitare gli effetti più forti e meno prevedibili e, soprattutto, effetti di natura extra demografica, come, ad esempio, l’aumento dei prezzi relativi delle prestazioni di assistenza ai non autosufficienti; cambiamenti sul lato della domanda, come evoluzioni delle preferenze a favore di maggior cura della salute stimolate da maggior informazione e consapevolezza; cambiamenti sul lato dell’offerta, connessi all’innovazione scientifica e tecnologica, con l’introduzione di terapie e farmaci più efficaci ma anche più costosi.

          Va inoltre inserito tra i driver extra demografici quello di natura istituzionale, relativo all’assetto di governance dei sistemi sanitari e agli schemi di regolazione dal lato della domanda e dell’offerta per la promozione della cost-effectiveness. Assetti di governance deboli e bassi livelli di responsabilizzazione nell’accesso alle prestazioni rendono difficile la programmazione della spesa e il controllo dell’allocazione ottimale delle risorse.

          Per i sistemi sanitari si pone dunque un problema di sostenibilità finanziaria, per molti versi imprevedibile ma di fronte al quale bisogna farsi trovare preparati. Dall’incontro è emersa una doppia necessità: 1) valutare i problemi di sostenibilità della spesa sanitaria in rapporto all’altro principale capitolo di spesa per welfare, quello delle pensioni; 2) contestualizzare entrambe le voci all’interno del sistema di welfare complessivo.

          L’espansione della domanda per prestazioni di welfare è destinato a crescere a ritmi molto più forti rispetto alla crescita economica e, se si vogliono evitare razionamenti indiscriminati fonti di tensione sociale o escalation nella pressione fiscale/contributiva con ricadute depressive sull’economia, è necessario passare a modalità di programmazione della spesa rigorose e inequivocabili: partire dalla valutazione delle risorse destinabili anno per anno, anche con archi di programmazione pluriennali, senza compromettere l’evoluzione del sistema economico-sociale, e allocare le stesse nella maniera ottimale, tenuto conto delle caratteristiche economiche e sanitarie dei beneficiari.

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