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Pubblico, privato e terzo settore: collaborare per creare valore sociale

  • Milano
  • Dicembre 2024

        Il futuro del welfare e dello sviluppo sociale in Italia passa attraverso una profonda collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore, un modello che punta sull’innovazione e deve porsi come obiettivo quello di ricucire le fratture territoriali e sociali del Paese. In questo quadro, il dialogo emerge come elemento chiave per affrontare le sfide contemporanee, dalla trasformazione digitale all’invecchiamento demografico, fino alle disuguaglianze economiche.

        Del resto, c’è una crescente consapevolezza che il welfare non possa più essere confinato alle sole istituzioni pubbliche — anche solo per un tema di risorse decrescenti — ma debba diventare un progetto condiviso da diversi attori sociali. Fra questi, le imprese stanno assumendo un ruolo sempre più strategico, non solo attraverso iniziative di responsabilità sociale, ma anche come protagoniste in prima linea nella generazione di benessere collettivo. Le prospettive più interessanti riguardano la creazione di ecosistemi innovativi: dalle fondazioni aziendali che coinvolgono decine di soggetti diversi ai progetti di welfare territoriale, fino alle attività in favore delle fasce più fragili. Tutti interventi accelerati e abilitati dall’integrazione con le nuove tecnologie.

        La sfida principale, tuttavia, risiede nella capacità di mettere a sistema le diverse esperienze, non limitandosi a interventi episodici ma costruendo punti di riferimento stabili. A tal fine è importante misurare i risultati e creare una cornice che valorizzi le competenze di ciascun attore: la pubblica amministrazione con le sue leve normative, il privato con le sue competenze manageriali, il terzo settore con la vicinanza ai bisogni reali delle comunità.

        Per mettere a frutto gli esempi più virtuosi e innovativi rimane centrale la necessità di superare la frammentazione degli interventi, creando invece sistemi integrati e scalabili. In un tale quadro la sussidiarietà diventa un principio guida: lo Stato non deve sostituirsi, ma valorizzare e supportare le energie che già esistono nella società.  Il concetto di “pubblico” va quindi ri-appropriato collettivamente, riaffermando l’importanza di lavorare su beni comuni che non appartengono né alla pubblica amministrazione né alle aziende, ma a tutti i cittadini; per questo va superata la diffidenza reciproca tra pubblico e privato, costruendo una logica di fiducia e collaborazione.

        Serve, poi, una visione di lungo periodo, sia per quanto riguarda la capacità di assicurare stabilità finanziaria ai diversi progetti, sia per un investimento di ampio respiro nella formazione e nel capacity building, fondamentali per il terzo settore. Un tema ricorrente è la necessità di coinvolgere le nuove generazioni, in particolare la generazione Z. Non si tratta solo di supportarle nell’inserimento fra la popolazione attiva, ma di dar loro un ruolo primario nei processi decisionali. Far spazio ai giovani, riconoscendo le loro competenze digitali e la loro capacità di leggere il presente, significa iniziare a misurarsi con gli effetti che la crisi demografica sta già avendo — e avrà con ancora maggior forza in futuro — sui sistemi di welfare. 

        Il punto cruciale rimane, però, di tipo culturale: costruire una conoscenza comune lavorando insieme, mantenendo un dialogo costante tra generazioni e mondi diversi; un dialogo che deve essere capace di ricucire i sistemi complessi e restituire dignità e opportunità ai territori e alle persone.

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