In tutto il mondo stanno aumentando in modo esponenziale le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale (IA) nei contesti più disparati. Dall’avvento dei Large Language Model e della prima versione di Chat-GPT, si è assistito ad una evoluzione costante e rapidissima dello scenario di sviluppo dell’IA che ha portato all’emergere di grandi entusiasmi – per le prospettive e le opportunità offerte da questa nuova tecnologia – insieme a grandi preoccupazioni per i possibili utilizzi impropri o per i potenziali effetti negativi sull’ambiente e sul tessuto socioeconomico.
Paesi avanzati come Stati Uniti e Cina hanno adottato strategie e messo in campo importanti investimenti non solo per sostenere lo sviluppo tecnologico, ma anche per attrarre talenti e favorire il consolidamento di una robusta industria nazionale nel settore. In questo contesto, il ruolo dell’Europa è ancora in fase di definizione. L’Unione Europea è stata pioniera nel lancio di una iniziativa regolatoria senza precedenti – l’AI Act – con l’intento di stabilire regole chiave per garantire uno sviluppo del settore in linea con i propri principi fondativi, in primis con riguardo al rispetto dei diritti umani, alla difesa della privacy, alla non discriminazione. Allo stesso tempo, però, l’Europa sembra faticare ad attrarre investimenti e talenti per garantirsi un ruolo attivo e primario nella competizione internazionale.
Senza dubbio è necessario adottare un approccio articolato secondo diverse dimensioni e diverse modalità di azione. È anzitutto necessario rispondere alle sfide dell’IA in modo proattivo, non solo concentrandosi sul tema delle regole, ma anche allargando il campo al più ampio tema della governance dei processi sottesi alla gestione di questa tecnologia e alla relativa crescita dell’industria. A tal fine bisogna coinvolgere attivamente istituzioni pubbliche, entità private e cittadini in un processo di discussione, comprensione e co-decisione, anche auspicando stabili collaborazioni pubblico-private. L’Europa dovrà orientare il dibattito pubblico in modo da indirizzare le scelte di policy verso investimenti in infrastrutture, aumento della capacità computazionale, modelli energetici sostenibili, promozione dell’innovazione e accesso universale come elemento di contrasto a un nuovo fenomeno di AI divide.
In secondo luogo, è fondamentale operare un bilanciamento tra rischi e opportunità derivanti dall’IA, in modo da creare un contesto favorevole alla crescita e all’innovazione, tenendo tuttavia ferme le garanzie a tutela delle persone e delle comunità in Europa. È importante non sbilanciare il dibattito pubblico sul solo tema della regolazione, come sembra avvenire oggi, ma dare adeguato spazio alle opportunità, discutendo con tutti gli stakeholder, dall’industria all’accademia, passando per istituzioni e cittadini.
In questo senso, sarà essenziale promuovere un approccio creativo per immaginare nuovi modelli di business e nuove applicazioni in grado di apportare benefici non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale ed ambientale, facendo leva anche su specificità culturali e creative presenti in Europa e soprattutto in Italia, oltre che sulla valorizzazione del patrimonio culturale europeo. Allo stesso tempo, bisogna incoraggiare lo sviluppo di maggiori capacità di adattamento del tessuto economico e sociale europeo, in modo che possa rispondere all’evoluzione sempre più rapida dello scenario tecnologico ed economico con dinamismo e iniziativa, riducendo i rischi di soccombere passivamente ai cambiamenti epocali in atto e di trovarsi impreparati di fronte a sviluppi imprevedibili che il settore potrebbe riservare.
Infine, perché tutto ciò sia possibile, è fondamentale puntare sul ruolo dell’educazione e dell’istruzione. Da un lato, per formare cittadini e professionisti del futuro a interagire in modo efficace con le nuove tecnologie basate sull’IA, cogliendone i benefici e le opportunità; non si tratta soltanto di formazione in ambito digitale, ma anche di guidare una trasformazione dei sistemi educativi in grado di puntare su capacità di base come capacità critiche, logiche e di ragionamento quali strumenti essenziali per interagire con i nuovi sistemi basati sull’IA. Dall’altro lato l’educazione rimane una leva cruciale per costruire un ecosistema europeo dinamico, in grado di attrarre e trattenere i talenti oggi sempre più incoraggiati a portare il proprio contributo fuori dai confini comunitari. Infine sono necessari upskilling e reskilling della forza lavoro attuale, per aumentare il livello di competenze e competitività dell’economia europea.
Tornando al ruolo dell’Europa, se oggi se ne osserva un ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina nel campo dell’IA, domani questo ritardo potrà essere colmato puntando sulle caratteristiche culturali e sociali europee e sulle eccellenze oggi in campo, a partire dal settore sanitario. L’applicazione dell’IA nel settore sanitario potrebbe portare vantaggi immediati – non solo in termini di miglioramento delle modalità di erogazione e organizzazione dei servizi, ma anche e soprattutto in termini di migliori cure, più personalizzate ed efficaci. Anche il settore farmaceutico, che vede in Europa la presenza di eccellenze a livello globale, potrebbe giovarsi in tempi rapidi di una applicazione su larga scala di questa tecnologia, combinata con le competenze e capacità uniche che l’industria europea è già in grado di esprimere. Ciò potrà avverarsi però solo a condizione che l’Europa riesca a portare a termine il proprio percorso di semplificazione e allineamento normativo sul tema dell’accesso e del riuso dei dati sanitari, oggi ancora difficilmente accessibili e utilizzabili in troppi Paesi europei, a partire dall’Italia.