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Attività

Tavola rotonda Intergenerazionale – L’impresa ed il valore della legalità

    • Roma
    • 10 Giugno 2015

          Cultura della legalità e merito sono un binomio della solidarietà intergenerazionale che ispira questo incontro. L’illegalità è, infatti, un freno alla crescita e alla mobilità sociale, fa vincere i non meritevoli distorcendo la concorrenza, rafforza i divari sociali. Giovani e imprese oneste ne sono vittime. Si stima che nel periodo 2006-2012 il “deficit di reputazione” dell’Italia abbia provocato una perdita di investimenti esteri di 16 miliardi.

          La percezione che gli italiani hanno dell’illegalità è particolarmente elevata: contribuiscono la pubblicità delle numerose iniziative di contrasto e la rilevanza, specificamente italiana, della spesa pubblica (oltre metà del PIL). Si può inoltre affermare che il diritto vigente è ricco di norme, ma carente di principi. Tacito scriveva “moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto”. L’area di incertezza e il conflitto fra i diversi livelli di governo –  locali, nazionale ed europeo – favoriscono opacità e comportamenti illegali.

          Occorre accelerare ogni iniziativa a favore di una better regulation, a livello nazionale e internazionale, a sostegno di trasparenza, semplificazione e competitività delle imprese. Un percorso che richiede sia maggiore partecipazione delle imprese italiane alle consultazioni pubbliche dell’Unione Europea nell’ambito dei processi legislativi sia una loro migliore conoscenza delle norme europee. L’obiettivo è ridurre le violazioni spesso riscontrate (ad esempio in tema di concorrenza), limitare il numero di procedure di infrazione, ma anche cogliere maggiormente le opportunità (le imprese italiane utilizzano solo il 7% dei fondi europei per ricerca e innovazione, a fronte di un potenziale di almeno il 12%).

          Il percorso di un’impresa per fare della legalità un valore condiviso, non solo un obbligo, è impegnativo in termini di costi di formazione e di tempo. È un passaggio fra tre successive dimensioni: conoscenza diffusa degli aspetti legali, adesione di ogni attività d’impresa (e di filiera) ai requisiti normativi, affermazione di un’etica della responsabilità e dell’integrità individuale come valori aziendali. Sono concetti che richiamano i principi promossi da Ennio Presutti[1]: “quale è l’asset principale di un’azienda? La sua reputazione. L’azienda non etica non ha futuro. Nel mondo del business, si richiede a tutti gli attori un innalzamento del quadro di riferimento dei comportamenti. L’etica non è un peso, è business”.

          L’etica, tuttavia, ha un fondamento ontologico, non economico o sociologico. Eventi recenti   denunciano una diffusa deriva internazionale verso comportamenti illegali. Mentre si confrontano due opzioni: la globalizzazione economica e liberista, da un lato, e l’integrazione politica e culturale, di ispirazione liberale, dall’altro. Affermare la posizione preminente del mercato rispetto alla statualità implica una sottovalutazione dell’importanza delle regole. Viceversa, un modello fondato sull’equilibrio fra Stato e mercato implica la centralità delle regole (e dei cittadini e imprese che ne sono attori e destinatari). Il rispetto delle regole non può essere perseguito con il persistente squilibrio a favore di meccanismi sanzionatori e di controllo. L’orientamento deve essere la prevenzione dei reati e la formazione dei cittadini. Quest’ultima richiede esempi in cui riconoscersi, modelli di riferimento che pongano al centro il rispetto della persona come fine e non come mezzo.


          [1] Ennio Presutti (1931-2008), già Co-Fondatore, Vice Presidente di Aspen Institute Italia e Presidente di  Amici di Aspen, in “Riflessioni e consigli ai giovani dirigenti”, Fondazione IBM Italia, 2008. 

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