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Attività

Aspen at Expo – Investing in innovation: women and technologies

    Presentazione di Aspenia 69
    • Milano
    • 10 Luglio 2015

          Sono le donne stesse a sottovalutarsi, a non chiedere, ad accontentarsi spesso di posizioni di secondo piano. Eppure, secondo molti studi statistici, sono le migliori per competenza preparazione, voti universitari e capacità gestionale. Le donne sono più versatili, flessibili e funzionano come elemento integratore della rete sociale. È, peraltro, da sfatare il mito che non siano adatte a studi scientifici e alla tecnologia: molte sono ormai le donne in posizioni di leadership nei centri di ricerca e nelle università. Anche se il passato non è stato incoraggiante. Dal 1901 i Premi Nobel attribuiti alle donne non presentano numeri esaltanti: 2 per la fisica, 11 per la medicina, 13 per la letteratura, 16 per la pace e 1 in economia. Un percorso esemplificativo di come, per tutto il secolo scorso, le materie scientifiche abbiano da una parte esercitato poco fascino nelle scelte delle donne e, dall’altra, di come un certo condizionamento culturale e sociale abbia loro impedito di scegliere strade considerate essenzialmente maschili.

          Va, dunque, cambiato il paradigma culturale e vanno rivisti i percorsi educativi per rendere la scelta verso scienza e tecnologia più facile e immediata. E per fare questo – per dirla con Michelle Obama che su questo punto lavora da tempo e lavorerà anche nei prossimi mesi – è necessario “starting from girls”. Partire, quindi, dall’educazione delle ragazze. In questo campo molto possono fare tecnologia e innovazione: soprattutto l’e-learning. La creazione di piattaforme ad hoc per l’educazione delle ragazze, con corsi di insegnamento, nonché progetti digitali per unire cibo sano e tecnologia sono solo alcuni esempi di come stia crescendo una visione imprenditoriale al femminile che punta alla responsabilità sociale.

          Peraltro, le donne in economia sono, non da adesso, portatrici di nuove idee. Lentamente anche il mondo finanziario, e soprattutto alcuni importanti fondi di investimento, cominciano a credere nei business plan e nelle idee innovatrici di donne imprenditrici. Anche il Governo italiano ha aumentato la dotazione per il sostegno a progetti di imprenditoria femminile.

          Le società hanno tanto da guadagnare dalla parità di genere. Le donne che hanno accesso al reddito offrono riposte importanti al problema della nutrizione e nella sopravvivenza dei bambini. In Africa esistono ancora molte barriere culturali e sociali: nelle zone rurali non è permesso alle donne l’uso del trattore né di mezzi di trasporto come la bicicletta e lo scooter. Sono così costrette ad andare a prendere l’acqua a piedi, percorrendo moti chilometri al giorno. In caso contrario, usando cioè mezzi di locomozione “proibiti”, le donne si mettono ai margini della comunità rurale pregiudicando eventuali matrimoni delle loro figlie.  Per ovviare a tutto questo potrebbero bastare pozzi e pompe che però non si costruiscono ancora. L’agricoltura è il più grande datore di lavoro nelle aree rurali africane, ma è solitamente plasmata da uomini non a misura delle donne.

          La lotta agli stereotipi è ancora dura e non solo in Africa. In passato il mondo economico occidentale riteneva l’insieme “donne, giovane età e tecnologia” poco affidabile, se non pericoloso. Adesso il paradigma sta cambiando: se il business plan è intelligente, il fatto che sia presentato da una donna giovane e a suo agio con le tecnologie non è più considerato un elemento sfavorevole. Molta però è ancora da fare, anche se i segnali vanno verso il cambiamento. Anche per merito di un uomo, Steve Jobs, per intuizione del quale tecnologia non significa più grigi e complicati meccanismi per addetti ai lavori, ma bellezza, design e immagine: tecnologico è ormai sinonimo di “cool”.

          Un’influenza che arriva anche in agricoltura nell’innovativa branca del food design, dove giovani e brillanti donne architetto inventano e danno corpo a modelli di avanguardia. E, al di là dell’immagine, le donne hanno continuano ad essere portatrici di sostanza, con progetti imprenditoriali di lungo termine e di grande innovazione. Peraltro le donne nella posizione di amministratore delegato sono ancora poche con una crescita del 3%, ancora bassa. E solo il 15% di aziende di venture capital ha delle donne nella squadra dirigenziale. Ma la tendenza è verso il cambiamento: non  a caso alcuni fondi non investono in società dove non ci siano almeno due donne in posizione di leadership perché si fidano della loro tenacia nel raggiungere il successo, con una contemporanea sensibilità verso una forma di capitalismo più sostenibile.

          Il tutto “non è gratis”: frase cara a Emma Bonino e Marta Dassù i vertici di Women for Expo con cui Aspen Instituite Italia ha organizzato le tre giornate milanesi a ExpoMilano 2015 di cui fa parte anche la presentazione del numero 69 di Aspenia “Fame Zero” che contiene un’importante sezione “L’altra metà della Terra”, dedicata al ruolo strategico delle donne.  “Non è gratis” perché dietro c’è tanta competenza e duro lavoro. Ma c’è soprattutto la voglia di non arrendersi e il desiderio di assumersi la responsabilità di decidere e contare. Perché quello che si auspicava già nel 1995 nella dichiarazione di Pechino diventi nel 2015, data dell’appuntamento di New York, veramente realtà: un “empowerment”, vale a dire donne nei ruoli guida al potere per contribuire a creare una società migliore. Ma per questo serve anche network e solidarietà. Anche perché come sostiene Madeleine Albright “c’è un posto speciale all’Inferno per le donne che non aiutano le altre donne”.

           

          • Marcela Villarreal e Marta Dassù
          • Marcela Villarreal, Marta Dassù, Micaela Modiano, Elsa Fornero e Fiorella Passoni
          • Micaela Modiano e Elsa Fornero
          • Nina Luzzato Gardner e Sonia Massari
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