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Attività

From Arab spring to Arab winter? Regional trends and implications for business

    • Roma
    • 24 Maggio 2011

          L’obiettivo del primo workshop internazionale dell’Aspen Mediterranean Initiative è stato valutare le ripercussioni della “primavera araba” sulle economie nordafricane e sul più ampio contesto regionale del Mediterraneo. L’incontro, che ha coinvolto alcuni protagonisti della politica e del business delle due sponde, è stato anche l’occasione per lanciare il Programma Mediterraneo di Aspen Italia. Questo Programma pluriennale fa parte di una più vasta “Aspen Mediterranean Initiative” del network Aspen (gestita congiuntamente con Aspen US e Aspen España), e punta a creare rapporti diretti con una nuova generazione di leader nordafricani, favorendo la loro apertura internazionale e sostenendo così i processi positivi di trasformazione nella regione. Nella seconda metà del 2011, in Sicilia, si terranno i primi seminari nell’ambito del Programma.

          I partecipanti al workshop hanno identificato alcune priorità che ispireranno il Programma, a cominciare dall’esigenza di intensificare gli scambi in tutte le direzioni – non soltanto Nord-Sud ma anche Sud-Sud – e di garantire un più forte flusso di investimenti verso l’area. Si è registrato un grande senso di urgenza perché vengano avviati interventi a sostegno delle economie tunisina ed egiziana: il rischio maggiore da scongiurare è quello di uno scontro tra aspettative eccessive dell’opinione pubblica (soprattutto i giovani) e calo della crescita del PIL e dell’occupazione, aggravato dall’aumento del deficit pubblico. Il problema non è principalmente quello della quantità di risorse in senso assoluto che vengono rese disponibili per obiettivi emergenziali (stanti gli impegni assunti in questi mesi da molte agenzie internazionali e dai governi occidentali), bensì il loro utilizzo e il loro impatto da misurare in anni più che in mesi.

          C’è un vasto consenso sull’importanza delle partnership pubblico-privato come strada maestra per innescare dinamiche di crescita, innovazione e apertura internazionale. In tale ottica, il ruolo di agenzie come la Banca Europea degli Investimenti e la Banca Mondiale (come la stessa l’Unione Europea) può essere un cruciale catalizzatore, incoraggiando l’assunzione di rischi imprenditoriali anche in un ambiente piuttosto instabile. Del resto, oltre alle gravi incognite del caso libico, le contestazioni antigovernative in quasi tutti i paesi dell’area potrebbero indicare un ulteriore effetto-contagio e dunque un alto grado di imprevedibilità protratto nel tempo – pur nell’ambito di cambiamenti di segno complessivamente positivo. L’expertise occidentale sarà essenziale anche al fine di consolidare una complessa transizione verso meccanismi di governance economica più avanzati.

          Particolare attenzione andrà dedicata alle medie e piccole imprese, che ad oggi costituiscono la grande maggioranza in Nord Africa, e che soffrono di gravi carenze di accesso al credito e ai mercati che non siano strattamente locali.

          Il settore energetico ha ovviamente risentito in modo immediato della crisi libica e della tensione regionale che potrebbe coinvolgere un altro produttore importante come l’Algeria: resta alta la preoccupazione per la funzionalità degli impianti estrattivi e di raffinazione, come anche delle infrastrutture di trasporto. E’ però altrettanto vero che gli investimenti in campo energetico hanno per loro natura un orizzonte quantomeno decennale, e dunque si devono considerare relativamente stabili anche in caso di mutamenti politici radicali, a condizione che si mantengano o si ristabiliscano rapporti di collaborazione pragmatica tra i governi e le maggiori aziende del settore. Le proiezioni basate sugli attuali tassi di crescita economica indicano che aumenterà sensibilmente la domanda di energia dai paesi del Nord Africa: visto che questo trend si somma alla pressione globale sui prezzi, si renderanno necessari trasferimenti di tecnologie per diversificare il mix energetico – e un tale processo avrebbe positive ricadute economiche per tutti.

          Sul piano politico, le transizioni in atto sono certamente incomplete e richiedono la convergenza di molti fattori per produrre esiti sostenibili e democratici: c’è la possibilità concreta di derive autoritarie (o semi-autoritarie) e populistiche, oltre ai ben noti scenari di crescita dei movimenti fondamentalisti – magari favoriti involontariamente dal ricorso troppo rapido al voto con sistemi elettorali non proporzionali. Inoltre, l’arrivo della primavera araba negli snodi strategici anche al di là del Maghreb (Siria, territori palestinesi, paesi del Golfo) sta modificando i delicatissimi equilibri tra gli attori che esercitano in vario modo un’influenza indiretta sull’intera regione: Arabia Saudita e Iran, e in un certo senso Israele.

          • Toni Verstandig, Giulio Tremonti e Fulvio Conti
          • Fulvio Conti e Naguib Sawiris
          • Marta Dassù e Gianni De Michelis
          • Ghassan Salamé, Chekib Nouria, Toni Verstandig, Giulio Tremonti, Fulvio Conti e Marta Dassù
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