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Attività

Alta tecnologia nelle scienze della vita: la posizione italiana

    • Milano
    • 27 Maggio 2013

          L’industria della salute e delle scienze della vita rappresenta un settore estremamente rilevante nell’ambito del mondo produttivo italiano. Il comparto si caratterizza per la compresenza di alcuni elementi peculiari: la natura globale dei mercati e sovranazionale della competizione; il ruolo potenzialmente strategico dell’operatore pubblico, grazie al potere di influenzare l’offerta e di incentivare gli investimenti; la natura altamente specialistica delle professionalità coinvolte. Un punto chiave è inoltre costituito dalla capacità di valutare correttamente le capacità di ricerca sia degli enti che dei ricercatori.

          Se globalmente il settore della sanità viene tradizionalmente percepito come fonte di sprechi, in realtà esso appare anche come una fonte di opportunità e come potenziale volàno per ambiti economici affini. In quest’ottica l’Unione Europea dovrebbe rappresentare un catalizzatore dei sistemi nazionali di innovazione; eppure se si considerano le dieci regioni maggiormente innovative, ben sette si trovano negli Stati Uniti  e solo tre  in Europa.

          In Italia, in particolare, sono state evidenziate criticità legate a diversi fattori fra cui: la tendenza ad effettuare un tipo di ricerca svincolata dalle collaborazioni e ancora troppo legata alle singole istituzioni; finanziamenti, già di dimensioni limitate, polverizzati in processi di assegnazione “a pioggia”; un sistema universitario non competitivo per quanto attiene alla formazione pratica, soprattutto per le professioni ad elevata componente tecnica; una politica carente in termini di disegno strategico a livello nazionale e di incentivi per i più meritevoli. A tale proposito, è evidente la mancanza di un piano della ricerca nazionale, che sia unitario e non legato alle tante agenzie già esistenti. Inoltre è necessario modernizzare e rafforzare la normativa in tema di “technology transfer”, che costituisce un incentivo fondamentale per chi è realmente in grado di innovare.

          In presenza di un mercato interno in fase di ridimensionamento, senza sostegni e supporti diretti o indiretti da parte dello Stato, le aziende incontrano significative difficoltà nell’affrontare gli investimenti in  ricerca e sviluppo  necessari per innovare.

          Allo stesso modo si rileva la necessità di investire nelle cosiddette tecnologie abilitanti, la cui carenza rappresenta una delle principali limitazioni allo sviluppo del settore in alcune regioni.

          Per evitare la dispersione delle risorse economiche a sostegno della ricerca, in aggiunta allo sviluppo di una strategia comune a livello nazionale, è importante il raggiungimento di una sufficiente massa critica in campo scientifico, che può scaturire solo dall’ampliamento e dal consolidamento dei processi di networking tra gruppi diversi.  

          La reale possibilità di cambiamento richiede un mutamento nella cultura della ricerca che coinvolga il sistema della formazione (sia universitaria che di base), nell’ottica di generare quei presupposti ambientali idonei all’attrazione di alte professionalità anche dall’estero; obiettivo ultimo dovrebbe essere un’agile, proficua e libera circolazione delle idee e dei “cervelli” a livello internazionale.

          Il sostegno della politica si può concretizzare innanzitutto con il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione,  con l’introduzione di schemi di incentivo alle start-up, e con il sostegno dell’export delle aziende italiane del settore. Tra le misure auspicabili vi sono infine: interventi per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro in un settore che, nella sua essenza, è legato a progetti; la reintroduzione del credito d’imposta; le collaborazioni pubblico-privato.

           

          Ricerca

          L’Italia nei settori ad alta tecnologia: il caso delle scienze della vita
          27/05/2013 – A cura di Intesa Sanpaolo e IMT Alti Studi di Lucca per Aspen Institute Italia

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