Governare problemi in parte nuovi è naturalmente difficile, ma ciò accresce – invece di ridurre – l’urgenza e l’importanza di una governance globale per la sfida di rendere più efficienti e vivibili le città, in un’era in cui aumenta esponenzialmente il ricorso a strumenti digitali, compresa l’intelligenza artificiale (IA) nelle sue varie articolazioni. Del resto, mentre l’urbanizzazione continua a richiedere soluzioni innovative e praticabili, i rapidi progressi nel campo dell’IA hanno di per sé implicazioni sulla società che vanno orientate in direzioni costruttive, invece di essere subite.
La massiccia urbanizzazione tuttora in corso in Cina richiede di applicare tutte le competenze disponibili per gestire la sfida organizzativa, logistica, energetica, e dei trasporti che ciò impone. L’Europa ha sperimentato, in tal senso, uno sviluppo più graduale, ma le sfide sono ugualmente complesse se si vogliono adattare gli stili di vita anche agli obiettivi della sostenibilità che l’UE ha definito come prioritari. Su questi ultimi, l’esperienza cinese è a sua volta straordinaria per la rapidità con cui il Paese sta colmando il gap con le economie più avanzate.
La Cina ha una expertise letteralmente millenaria nella gestione di eventi climatici estremi e di grandissima portata, soprattutto rispetto al clima monsonico e alla gestione dei corsi d’acqua. A fronte dei cambiamenti climatici in atto, le grandi infrastrutture devono essere rese compatibili con precipitazioni violente e intermittenti invece che moderate e piuttosto distribuite. Esistono tecniche in parte tradizionali e ben testate per rendere i centri abitati più resilienti nei confronti di eventi estremi, soprattutto ricorrendo al concetto di sponge cities rispetto a forti precipitazioni e/o alluvioni. È dunque possibile sviluppare un mix di soluzioni tradizionali e altamente innovative, adottando un atteggiamento pragmatico.
Approcci come quello della “città dei 15 minuti” puntano a rendere maggiormente efficiente la fornitura di servizi al fine di consentire spostamenti più limitati e un utilizzo più razionale degli spazi urbani sia per obiettivi professionali che di altro tipo. In effetti, varie tecnologie digitali – ICT, oltre alle più avanzate forme di IA – hanno un ruolo fondamentale in questo quadro, il che suggerisce l’esigenza di un approccio olistico.
L’idea della “città verde” connette, invece, già concetti multipli, puntando a una forma sostenibile di resilienza che sfrutta la riduzione dell’impatto umano per accrescere le capacità di prevenzione e adattamento rispetto a fenomeni metereologici e climatici potenzialmente dannosi.
In ogni caso, molti interventi di mitigazione dei rischi ambientali devono ricadere, per ragioni pratiche oltre che legali, sotto la diretta responsabilità delle autorità locali fino al livello dei sindaci, pur in un contesto di regole stabilite dal governo centrale e perfino coordinate a livello internazionale. C’è quindi un equilibrio da trovare tra misure specifiche e quadro generale. Ad esempio, le biciclette elettriche possono essere una soluzione efficace per alcune forme di trasporto urbano, ma vanno rese compatibili in condizioni di sicurezza con il traffico automobilistico e con il servizio pubblico tradizionale; sono dunque necessarie analisi dettagliate per contemperare gli obiettivi ambientali, di efficienza e di qualità della vita per i cittadini.
È allora fondamentale creare meccanismi di responsabilità condivisa tra singoli cittadini, comunità locali e governi nazionali: in particolare, molte misure per la sostenibilità sottovalutano l’impatto sociale di breve o medio termine e finiscono per generare una sconnessione tra gli obiettivi generali – soprattutto la decarbonizzazione – e la gestione dell’inquinamento urbano o del degrado idrogeologico.
Alcuni problemi quotidiani, come quelli legati alla fornitura di acqua e al controllo dei bacini idrici, sono molto meglio compresi e percepiti dalla cittadinanza ed è da questi che si deve partire per costruire un ampio consenso sugli interventi per la sostenibilità. Il rapporto tra economia ed ecologia, in estrema sintesi, va tenuto in considerazione al fine di evitare che le dinamiche politiche finiscano per rendere impossibile un mutamento profondo della mentalità collettiva: in tal senso la sfida principale è di tipo culturale. Si tratta di una sfida ancora più complessa perché va considerato anche il fattore-tempo: l’accelerazione di fenomeni macroscopici di cambiamento climatico costringe ormai le autorità a imporre misure che possono apparire troppo costose ma che si rendono indispensabili a causa della scarsa attenzione dedicata al problema negli anni passati.
Per integrare, invece, l’intelligenza artificiale nella governance urbana in un’ottica di smart cities è necessario comprendere appieno le caratteristiche precipue di questa famiglia di tecnologie. I sistemi di IA attualmente disponibili possono considerarsi una tecnologia in una fase non più “infantile” ma ancora equivalente a un teenager: il ritmo di apprendimento è molto elevato, tuttavia vari interrogativi rimangono tuttora senza risposta, consigliando dunque una certa prudenza nell’adozione e nell’utilizzo. In particolare, il problema della black box rimane irrisolto, visto che gli stessi programmatori e gli utilizzatori umani non sono in grado di comprendere realmente come l’IA prende alcune decisioni.
Mediante il controllo degli output, si possono però sviluppare standard al fine di tutelare l’utente e creare meccanismi chiari di responsabilità per gli effetti tangibili che possono derivare dal ruolo affidato all’algoritmo. In senso più ampio, è cruciale educare il pubblico sul potenziale e sul funzionamento di questi sistemi, in modo da ridurre i rischi di manipolazione e di scorretta interpretazione. Assicurare che ci sia una distribuzione relativamente equa dei servizi basati sull’IA sarà altrettanto importante per integrare efficacemente questa tecnologia nel tessuto sociale ed economico, limitando gli effetti collaterali più negativi anche rispetto a competenze che non saranno facili da acquisire.
Un’altra incertezza di fondo riguarda i dati, cioè la disponibilità reale di informazioni sufficientemente affidabili e precise per sviluppare IA “competenti” soltanto a partire dagli algoritmi per l’addestramento dei sistemi. Nemmeno l’accesso alla rete internet è in grado di garantire da solo che la qualità e quantità di dati accessibili siano sufficienti e adeguate. Peraltro, si sta confermando che il vero punto debole degli attuali sistemi è il ragionamento deduttivo, che va ben oltre la logica induttiva tipica degli algoritmi data-driven. In ogni caso, la condivisione dei dati rimane una questione controversa che richiede una governance internazionale innovativa.
Nella vita quotidiana, una grande quantità di oggetti di uso frequente sono già smart, almeno nel senso che sono connessi tra loro e/o con la rete digitale. Questi oggetti sono dunque in qualche modo “attivi”, diversamente dal passato, nel senso che hanno capacità computazionali e possono interagire con l’utente in modo customizzato. È un mutamento che cambia, potenzialmente in misura enorme, il quadro delle smart cities: il processo è già in corso, in modo non regolato e quasi organico, ma altri passi avanti in chiave di sostenibilità possono essere realizzati soltanto con una programmazione attenta. L’avvento dell’IA su larga scala pone una sfida ulteriore rispetto alla precedente fase di “computerizzazione” delle nostre società, visto che prefigura una serie di attori autonomi e non soltanto un livello aggiuntivo di filtro digitale nei rapporti tra essere umani. È dunque un mutamento qualitativo, con implicazioni legali ed etiche, oltre che economiche.
La complessità tecnica dei sistemi di IA sta poi producendo un paradosso: i meccanismi regolamentari tendono essi stessi ad essere sviluppati, almeno in parte, da sistemi di intelligenza artificiale. È uno sviluppo probabilmente inevitabile, che rimanda all’affidabilità del software, fino alla questione della trasparenza degli algoritmi – che naturalmente vede i produttori privati interessati a proteggere il loro copyright e le autorità pubbliche interessate soprattutto a tutelare i diritti individuali e collettivi.
Nel complesso, una delle aree più promettenti nell’applicare l’IA alla qualità della vita è quella della salute e della medicina, poiché esistono già database digitalizzati molto estesi a cui attingere per sviluppare strumenti diagnostici migliori e terapie più personalizzate: si tratta di un settore di grande importanza anche in chiave economica, che pone comunque – come in altri campi – un delicato trade-off tra obiettivi collettivi e interessi privati (compreso il profitto per le aziende, che sono comunque l’attore essenziale nei processi di innovazione).
Su tutti questi temi, tra loro fortemente interconnessi, una continua cooperazione tra UE e Cina fornirà un vero contributo alla gestione dei processi innovativi: non esistono ricette preconfezionate per questioni senza precedenti, e ciascun sistema politico, valoriale ed economico può offrire una prospettiva utile.