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L’industria al centro: sfide, opportunità e politiche per le imprese

  • Venezia
  • 4 Ottobre 2025

        L’Europa deve rilanciare la crescita economica per garantire il benessere dei cittadini e per continuare a contare nel mondo. E questo processo non può che passare dall’industria.

        Importanza e strategicità dell’industria sono infatti ben superiori rispetto alla, già di per sé rilevante, quota sul PIL perché generano tecnologie che poi vengono utilizzate da altri settori e costituiscono il principale motore di produttività ed export. Un’industria dinamica, inoltre, è determinante per l’attrazione degli investimenti, l’occupazione di qualità e il cosiddetto “ascensore sociale”, tutti pilastri del welfare. L’industria è strategica, infine, perché è innovazione e potere, inteso come capacità di incidere sul proprio destino attraverso autonomia strategica e tecnologica.

        Quanto vale per l’Europa è ancora più evidente per l’Italia, che è leader nell’industria europea. Il made in Italy – sia nei settori classici sia in quelli più innovativi – è un patrimonio da tutelare, valorizzando capacità competitiva e innovazione delle nostre aziende.

        Per mantenere un’industria forte e un futuro solido occorre avere una strategia, una cornice coerente di misure di politica industriale che coniughino incentivi agli investimenti con politiche per la sicurezza, demografiche e della formazione; tutti obiettivi necessari che convergono per rispondere alle dinamiche globali.

        In questo quadro, l’Europa deve reagire a un trend che la vede perdere competitività: è fondamentale che l’UE si percepisca non come un mercato, ma come un grande attore industriale, capace di rafforzare gli investimenti e non restare schiacciata dalla concorrenza e dal dinamismo di Stati Uniti, Cina e di altre aree emergenti come India, Singapore, Arabia Saudita, Emirati, Far East.

        È necessario, quindi, concentrarsi su alcune misure particolarmente urgenti, quali: l’effettiva valutazione dell’impatto di tutti i provvedimenti normativi, che non devono mettere a rischio la competitività; una forte difesa della proprietà intellettuale, che è condizione necessaria per l’innovazione; la neutralità tecnologica. 

        L’incrocio fra ricerca, tecnologie e competenze crea molteplici traiettorie di rapidissima innovazione che l’Europa non può precludersi in partenza. Innovazione, tecnologia, digitalizzazione e ricerca (sempre più anche nello spazio) consentono di reinventare l’industria in modo più rapido e adattivo, dentro la fabbrica, nelle relazioni di filiera e nella diversificazione di prodotti e mercati: un’evoluzione particolarmente interessante per il sistema industriale italiano ed europeo. 

        In parallelo, è fondamentale una regolazione capace di portare tecnologie e intelligenza artificiale nelle fabbriche, non solo facilitandone l’impiego, ma anche promuovendo veri e propri technology champions, in grado di diffondere e adattare queste applicazioni nelle filiere e negli ecosistemi, parte fondamentale della struttura produttiva.

        Il riemergere della conflittualità internazionale ha minato la convinzione – a lungo sostenuta – che economia e sicurezza siano ambiti essenzialmente separati. Il mondo è così passato in modo rapidissimo da modelli just in time alla cosiddetta shortage economy. E si è scoperto così estremamente vulnerabile nelle catene di fornitura e nelle vie di transito delle merci. Oggi il concetto di sicurezza non riguarda solo la difesa, ma investe molti domini della vita quotidiana: include la capacità di proteggere la struttura economica delle nazioni, garantire la continuità delle forniture, l’accesso a ricerca e tecnologie, e tocca aspetti cruciali come intelligenza artificiale, cybersecurity, energia e infrastrutture.

        La sicurezza è un grande motore di innovazione, che ha bisogno di misure specifiche e condizioni di certezza per sviluppare le supply chain e migliorare la cooperazione sui progetti, anche a livello europeo. C’è, tuttavia, anche un altro legame tra sicurezza e innovazione: la capacità di ricerca e produzione garantisce non solo l’accesso ai prodotti esistenti, ma anche lo sviluppo di nuove soluzioni. In questa prospettiva, essere competitivi e attrattivi per gli investimenti diventa un vantaggio strategico per la sicurezza e l’autonomia di lungo periodo.

        È un obiettivo che va perseguito anche attraverso la governance economica, con la possibilità di fare ricorso a debito comune per progetti di interesse europeo e utilizzando i margini offerti dalle nuove regole dell’Unione in campo economico, per investire in ambiti strategici quali la difesa, la salute, le infrastrutture o l’energia.

        In un tale quadro, il capitale umano è fattore determinante quanto potenzialmente scarso alla luce dell’invecchiamento della popolazione. Insieme a quelle demografiche, le politiche formative sono parte fondante delle politiche industriali e devono partire dalle scuole, arrivare fino all’università ed estendersi agli ecosistemi industriali, traendo spunto anche da importanti best practice esistenti in Italia. L’obiettivo è aumentare la partecipazione al mondo del lavoro, superare il mismatch delle competenze e avere upskilling e reskilling di chi già è parte della popolazione attiva. 

        A fronte di sfide sistemiche, in definitiva, è fondamentale un approccio olistico alle politiche industriali, che veda il concorso di tutti gli attori pubblici in costante dialogo con l’industria, l’accademia, il mondo scientifico e i corpi intermedi. Un approccio “whole-of-society” funzionale a coordinare, in una strategia, l’impegno di tutti i soggetti in campo per rispondere alle complesse e rapide sfide poste dal quadro geoconomico.