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La mobilità del futuro. Tra transizione energetica e catene del valore

Un’ora con Andrea Pontremoli, Amministratore Delegato, Dallara Automobili
  • Incontro in modalità digitale
  • 30 Marzo 2022

        La cosiddetta “doppia rivoluzione” che è stata avviata, digitale ed ecologica, impatta direttamente il settore automotive e tutta la filiera industriale alle sue spalle. Si intrecciano in questo processo gli impegni internazionali su scala globale e precise scelte politiche – a livello europeo prima ancora che nazionale. Inevitabilmente, il contesto globale e la sua forte instabilità causata dagli eventi bellici in Ucraina complicano una transizione già di per sé assai complessa.

        Se l’elettrico sarà la scelta prevalente per la mobilità, sarà comunque necessario prestare grande attenzione alla dipendenza dalla Cina, che al momento è l’economia decisiva per molti componenti essenziali ai veicoli elettrici. Si pone anche un problema di reperimento delle risorse naturali che entrano a far parte di questi prodotti (in una fase di grande volatilità di tutte le commodity, non soltanto energetiche) con le inevitabili implicazioni in termini di interdipendenza dei mercati globali.

        Vanno poi analizzati e affrontati gli effetti, in prima battuta negativi, per l’occupazione, che nel caso della mobilità elettrica andrà certamente a ridursi rispetto alla filiera industriale esistente. Più che la produzione di auto, l’Italia è peraltro ben posizionata nella componentistica per l’estero; ma anche in tal senso alcune tendenze in atto, in chiave soprattutto di near-shoring della produzione, sono preoccupanti per il nostro sistema industriale.

        La ricerca scientifica e tecnologica è una priorità fondamentale, ma deve muoversi secondo il principio di neutralità tecnologica, non scommettendo soltanto sulla mobilità elettrica. Lo Stato può orientare le grandi scelte di fondo, ma in ultima analisi sarà il mondo imprenditoriale a dover investire e prendere rischi, conservando capacità di adattamento a continui cambiamenti: non dovremmo dunque confidare eccessivamente nella pianificazione in quanto tale, in particolare se questa finisse per irrigidire e di fatto limitare l’innovazione e la sperimentazione.

        Tutte le maggiori economie sono di fronte a due sfide simultanee: la riduzione delle emissioni nocive e il problema degli approvvigionamenti energetici, ovvero inquinamento e gestione energetica. Le due dimensioni sono strettamente connesse e devono essere valutate in modo combinato, invece che come contraddizione insanabile. Il criterio di base è quello dell’efficienza, piuttosto che una specifica soluzione tecnica – elettrica o di qualsiasi altro tipo. Sistemi ibridi e nuove tecnologie sono la chiave di una transizione radicale verso la sostenibilità, ma in tale contesto le autorità politiche dovrebbero evitare di predefinire il punto di approdo in termini di singole tecnologie. L’obiettivo condiviso è decarbonizzare, ma il quesito su come raggiungerlo non può, ad oggi, avere una risposta unica: la diversificazione è una necessità, ed è indispensabile rendere compatibili le esigenze di breve-medio periodo e la visione di lungo periodo.

        In questa prospettiva, la ben nota priorità per il parco-auto italiano è la sostituzione (o comunque l’eliminazione) dei veicoli più inquinanti attualmente in circolazione, che sono ancora molto numerosi soprattutto nella fascia bassa del prezzo di vendita – che a sua volta può difficilmente trovare una soluzione nelle attuali auto elettriche, perché troppo costose. Nel valutare l’impronta ambientale, peraltro, il fattore decisivo è il life-cycle assessment, che pone in una luce diversa gli stessi veicoli elettrici.

        L’Italia deve comunque puntare sull’innovazione ad ampio spettro: di tecnologia, di prodotto e di processo. Va tenuto conto, infatti, della forza del sistema-Paese sull’alto valore aggiunto, soprattutto nel settore dei servizi rispetto a quello manifatturiero – con il secondo che perfino nel tradizionale automotive sta perdendo peso relativo.

        Anche a livello europeo si è sbilanciato eccessivamente l’approccio al “trilemma energetico” sulla dimensione ambientale, a scapito delle altre due dimensioni, cioè sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti. E’ Necessario dunque rimodulare il pacchetto climatico sulla base della neutralità tecnologica, sia per le tecnologie già mature sia per quelle in fase di sviluppo.

        Dalla prospettiva infrastrutturale la sfida è ancora più complessa, poiché ogni scelta tecnologica sui veicoli (anche quelli industriali, dai TIR alle navi ai treni-merci) porterebbe con sé una serie di implicazioni per la costruzione o l’ammodernamento delle reti di supporto e i relativi snodi. In una fase di diversificazione e di incertezza sulla prevalenza di una soluzione rispetto alle altre, è molto arduo perseguire un piano infrastrutturale unidirezionale. In ogni caso sarà decisiva una stretta collaborazione tra autorità politiche e mondo impreditoriale, ciascuno nel suo ruolo e con le proprie responsabilità.