In un sistema democratico, il rapporto tra Forze Armate e società civile rappresenta una questione di fondamentale importanza. Dal punto di vista della sicurezza nazionale, infatti, è cruciale che l’opinione pubblica attribuisca rilevanza alla difesa e alle risorse che la implementano perché questa voce strategica abbia sufficiente spazio nel dibattito politico e soprattutto nei finanziamenti pubblici. A tale riguardo, i media — non solo i giornali, ma anche la produzione culturale e audiovisiva — sono importanti nel costruire un’immagine positiva delle Forze Armate all’interno del tessuto sociale.
La percezione pubblica italiana sconta differenze culturali sostanziali rispetto ad altre nazioni, come ad esempio gli Stati Uniti dove ai militari, e al servizio da loro reso, viene riservato un alto riconoscimento. In Italia è ancora presente, infatti, una frattura fra Forze Armate e società civile, frutto verosimilmente di un retaggio storico che risale alla fine della seconda guerra mondiale. Sondaggi recenti rivelano che un’amplissima maggioranza degli italiani, prossima all’80%, non sarebbe disposta a combattere per difendere il proprio Paese; un dato che si discosta significativamente da quello di altre nazioni occidentali, dove la percentuale oscilla tra il 30 e il 50%. Eppure nei momenti di emergenza, quando di fronte alle calamità l’apporto dell’apparato militare appare evidente per il benessere pubblico, tale frattura sembra rimarginarsi.
È impossibile non evidenziare, poi, come in Italia il dibattito sull’uso della forza militare abbia spesso generato tensioni politiche e sociali. La parola “guerra” è stata a lungo considerata tabù, al punto che le stesse “scuole di guerra” militari hanno dovuto modificare la propria denominazione. La politica italiana ha spesso delegato la gestione della sicurezza a livello sovranazionale, presentando le operazioni militari principalmente come “missioni di pace”, minimizzando così la loro valenza strategica. Questa narrazione ha contribuito a creare un’opinione pubblica che percepisce le Forze Armate più come un costo superfluo che come un investimento necessario.
Uno strumento abilitante per un rapporto proficuo tra Forze Armate e società diventa, quindi, l’educazione alla cultura della difesa; un tema, su cui è al lavoro un comitato ministeriale, che oggi è centrale anche nel dibattito europeo. Il lavoro in questo senso deve iniziare dalle scuole, con una strategia politica di lungo respiro che superi le posizioni ideologiche.
Del resto, in un panorama geopolitico profondamente mutato, le minacce alla sicurezza aumentano e assumono una dimensione globale e multiforme. Questa crescente complessità sta già generando una maggiore domanda di sicurezza da parte dei cittadini, evidenziando la necessità di un apparato militare efficiente, capace di esercitare un’adeguata deterrenza. Al fine di garantire adeguati finanziamenti cruciali per la sicurezza futura, è necessario però agire su un’opinione pubblica generalmente poco informata in merito all’importanza strategica dell’apparato militare. Il mantenimento di Forze Armate credibili richiede, infatti, investimenti considerevoli in risorse umane, materiali, addestramento, tecnologia e infrastrutture. In parallelo, è fondamentale riconoscere le Forze Armate non solo come strumenti di difesa militare, ma anche come attori chiave nel garantire la stabilità indispensabile per la prosperità sociale ed economica, oltre che come motore di innovazione tecnologica con effetti positivi su diversi settori dell’economia.
Valorizzare il contributo positivo delle Forze Armate significa anche lavorare sull’attrazione di capitale umano qualificato e pronto alle sfide sempre più complesse che attendono il Paese. L’Italia registra un evidente calo nelle candidature per il ruolo di ufficiale; un fenomeno che pare legato anche alle difficoltà di una carriera che mal si adatta a bilanciare vita professionale e personale. In alcuni settori specialistici, invece, come ad esempio la cybersecurity, è la competitività salariale a rappresentare l’ostacolo più significativo. Occorre, a riguardo, lavorare sui valori e sullo spirito di servizio verso la collettività che guidano le persone impegnate nel comparto della difesa, con l’obiettivo di avvicinare le nuove generazioni al mondo militare.
Si tratta di uno sforzo che l’Italia deve compiere insieme a molti altri Paesi europei. Negli ultimi decenni l’illusione della “pace perpetua” ha portato, infatti, molti eserciti occidentali a sottovalutare l’importanza della preparazione militare, arrivando a minare una credibile capacità di deterrenza. La sfida cruciale per il futuro consiste, quindi — a livello nazionale ma anche europeo — nel ridefinire la “value proposition” del servizio militare, ovvero la percezione del valore che esso rappresenta per la società. Sviluppare una nuova e più chiara proposta di valore è il primo passo per rafforzare il legame tra cittadini e Forze Armate, garantendo che la difesa rimanga un solido pilastro della democrazia italiana.