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Clean Energy: Many Pathways and Future Challenges

  • Rome
  • 25 Ottobre 2023

        La transizione energetica rappresenta un cambiamento senza precedenti per le economie e per le società del mondo dopo un secolo di forniture abbondanti, affidabili e relativamente a basso costo garantite dalle fonti fossili. L’obiettivo di questa rivoluzione è assicurare la decarbonizzazione, accompagnando la sostenibilità ambientale con quella economica, oltre che con la sicurezza degli approvvigionamenti verso i cittadini e le attività economiche. 

        La traiettoria di crescita e riduzione dei costi delle rinnovabili è un caso di successo, ma si tratta di tecnologie che, da sole, non sembrano in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che il mondo – con l’Unione Europea in prima fila – si è posto. L’elettrificazione dei processi richiederà, infatti, un massiccio aumento della produzione elettrica che si confronta con la difficoltà di assicurare la continuità e la stabilità offerta ad oggi dagli idrocarburi. 

        Analoga attenzione richiedono processi e settori industriali che risultano molto difficili da elettrificare nel breve e nel medio periodo. Le rinnovabili pongono, inoltre, all’Europa il rischio di passare da una dipendenza delle materie prime energetiche nei confronti della Russia a una dipendenza tecnologica, e di materie prime critiche per le tecnologie, nei confronti della Cina. 

        La strada verso la transizione energetica presenta obiettivi comuni fra Europa e Stati Uniti, ma anche strategie differenti ad iniziare dalla distanza fra un approccio americano molto orientato agli incentivi, simboleggiato dall’Inflation Reduction Act (IRA), e uno europeo centrato sulla regolamentazione e sui disincentivi, ad iniziare dal CBAM – Carbon Border Adjustment Mechanism. Trovare un bilanciamento fra queste visioni permetterebbe di rafforzare la cooperazione economica fra le due sponde dell’Atlantico anche alla luce del necessario processo di derisking nelle catene di fornitura. 

        Nel comune orizzonte di un nuovo sistema basato sull’energia pulita la strategia migliore, anche per diversificare i rischi collegati a ciascuna tecnologia, rimane quella della neutralità tecnologica: considerare non una sola strada verso la decarbonizzazione, ma un insieme di percorsi, permette di valutare le potenzialità di soluzioni che si affiancano alle rinnovabili quali lo sviluppo della carbon capture, la raffinazione di combustibili vegetali derivanti da scarti o da coltivazioni in terre marginali e il nucleare.

        In questo campo stanno emergendo nuove possibilità offerte da impianti più piccoli e più modulabili, maggiormente compatibili, quindi, con i picchi di produzione delle rinnovabili, ma anche capaci di massimizzare il contributo per l’industria: la generazione di vapore ad alta temperatura è funzionale all’elettrolisi e alla produzione di idrogeno che si afferma come un vettore energetico chiave per la transizione. È importante ribadire che, se esiste una questione sulla sicurezza del nucleare questa riguarda il controllo degli impianti (safety) e non l’instabilità politica e delle forniture (security); un elemento che va considerato alla luce degli sviluppi tecnologici che si attendono già per la fine di questo decennio. Si tratta di una scelta che anche l’Italia deve considerare con attenzione in termini di sicurezza energetica e di diversificazione delle fonti, soprattutto alla luce della nuova instabilità nel Mediterraneo. Il Paese, del resto, ancora produce la metà della propria elettricità attraverso combustibili fossili; una quota che sale oltre l’80% se si guarda il consumo energetico complessivo. 

        L’attenzione all’energia nucleare ha importanti risvolti anche a livello europeo. Ciò che era un fattore di convergenza e coesione – così come simboleggiato dalla nascita dell’Euratom nel dopoguerra – oggi pare dividere l’Unione. Eppure, i passi avanti realizzati in questo ambito da alcuni Paesi potrebbero offrire un contributo importante nello sforzo comune europeo verso la dercabonizzazione, come indicato dall’inserimento del nucleare nella tassonomia verde comunitaria. 

        Il quadro continentale rimane comunque più complesso di quello americano: a fronte di un declino degli impianti esistenti, che chiuderanno nei prossimi anni per ragioni tecniche, permane una sfiducia diffusa dell’opinione pubblica che frena la costruzione di nuovi reattori. Riportare la questione al centro dibattito pubblico europeo, considerando le implicazioni delle nuove tecnologie, permetterebbe invece di valutare al meglio i costi/benefici del nucleare, mettendo in luce il contributo che questo può offrire alle filiere industriali e allo sforzo comune per la transizione energetica. 

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