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Attività

Transazioni, proprietà e fiducia nell’era della blockchain

    • Milano
    • 2 Luglio 2018

          La blockchain è molto di più che la tecnologia alla base dei Bitcoin. Si tratta di un registro pubblico, decentralizzato, crittograficamente sicuro e condiviso da tutte le parti che operano all’interno di una rete di computer. Queste caratteristiche lo rendono un paradigma destinato ad avere impatti importanti sul sistema economico, modificando alla base i concetti di transazione, proprietà e fiducia.

          La rivoluzione che la blockchain può portare sembra avere, infatti, un potenziale ancora più dirompente dell’avvento del web, avvenuto oltre 20 anni fa. Se internet permette lo scambio di informazioni attraverso la duplicazione dei dati, il nuovo paradigma consente la creazione, la conservazione e la circolazione di valore digitale senza duplicazione e, soprattutto, senza bisogno di una certificazione fiduciaria da parte di un ente terzo. Insomma, non solo si può trasmettere valore digitale senza che questo venga svalutato dalla possibilità di duplicazione, ma si elimina dalla transazione qualsiasi intermediario. In questo modo le blockchain prescindono totalmente da istituzioni ben radicate nel mondo reale, ad iniziare da quelle che regolano lo scambio di moneta e il mercato interbancario.

          Tale tecnologia, inoltre, sta trovando applicazioni al di là delle transazioni finanziarie: ne sono un esempio gli smart contract. Anche in questo questo caso la blockchain permette di disintermediare in rete il rapporto fra diversi soggetti, affidando il ruolo di certificazione fiduciaria e di regolazione degli aspetti contrattuali non più a istituzioni fisiche – notai, avvocati, magistrati e quant’altro – ma ad un algoritmo.

          Questo cambiamento tecnologico, che porta con sé un nuovo paradigma culturale e istituzionale, pone diverse questioni di compatibilità con lo Stato di diritto: un algoritmo può regolare tutti quegli aspetti delle relazioni contrattuali fra soggetti che attualmente si basano sul principio dell’interpretazione del diritto? Una nuova società basata sul codice non ha forse bisogno di nuove regole e di una concezione giurisprudenziale radicalmente diversa? Del resto anche il passaggio dalla società orale a quella basata sulla parola scritta produsse, secoli fa, cambiamenti radicali a livello istituzionale e normativo.

          Si tratta di questioni filosofiche aperte, che lasciano tuttavia spazio ad applicazioni pratiche della blockchain nel conteso attuale, ad iniziare da un suo uso all’interno delle istituzioni esistenti, come la Pubblica Amministrazione, per velocizzare e automatizzare alcuni processi. Una certificazione automatica e algoritmica dei crediti vantati dalla piccole e medie aziende nei confronti dello Stato potrebbe avere, ad esempio, importanti impatti economici.

          Resta aperta, a questo proposito, la sfida normativa per i singoli Stati. Mentre l’Italia sembra aver scelto un atteggiamento attendista, diversa è la posizione di Paesi come Svizzera e Dubai. L’emirato ha sposato totalmente il paradigma della blockchain e punta a farne il cardine delle proprie transazioni economiche, ad iniziare da quelle immobiliari. La Svizzera, invece, ha concesso spazi di apertura e sperimentazione agli attori interessati a questa tecnologia per studiare quali provvedimenti normativi potranno essere i più adatti in futuro.

          In ogni caso quello rappresentato dal paradigma della blockchain è un cambiamento che l’Italia e l’Europa non possono sottovalutare. L’approccio più costruttivo è quello di mantenere un atteggiamento aperto e attento in cui il diritto riesca a camminare insieme alla tecnologia, con l’obiettivo di non ripetere le criticità che hanno caratterizzato, negli ultimi 20 anni, il rapporto fra il web e le istituzioni economiche, giuridiche e politiche pre-esistenti.

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