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Attività

A new digital framework: markets, rules and innovation

    • Incontro in modalità digitale
    • 24 Giugno 2021

          L’Unione Europea, in un mutato contesto transatlantico e internazionale, ha di fatto aperto una nuova fase del dibattito sull’economia digitale: si può dire che non ci sono più vincoli istituzionali all’attività di regolazione in questo settore, e il problema è semmai di convogliare la volontà politica e un ampio consenso su regole aggiornate. Il principio della “digital taxation” è stato fissato in termini generali, anche a livello di dialogo transatlantico, ma è ancora da articolare e precisare in termini legislativi.

          Questo dibattito giunge in un momento di grande incertezza economica dopo la fase più acuta della crisi pandemica, anche se con buone prospettive di ripresa diffusa: è dunque un’occasione di rilancio in cui gli scenari digitali avranno un peso notevole, sia in termini di stimolo innovativo sia in termini di transizione verso modelli di sviluppo qualitativamente diversi.

          Gli investimenti per la competitività digitale europea sono fondamentali nell’impianto dei piani europei, con una serie di priorità già definite: le piccole e medie imprese, l’e-government, l’accesso alla banda larga, la ricerca sulle tecnologie più avanzate, il capitale umano. Investimenti comuni saranno essenziali per raggiungere la massa critica nello sforzo finanziario di cui c’è bisogno. In parallelo, ridisegnare le regole complessive è diventato indispensabile, in un contesto più propizio alla luce dell’atteggiamento dell’amministrazione Biden (visto che parte delle regole dovranno essere di tipo globale). Una fonte di preoccupazione generale è comunque che UE e Stati Uniti non hanno raggiunto, al momento, un accordo su come i flussi di dati possano essere scambiati attraverso l’Atlantico: è una carenza che rischia di indebolire il “global internet” in modo grave. Un punto di compromesso transatlantico è però realistico nelle condizioni attuali, in base a una convergenza sui migliori standard disponibili per combinare innovazione, concorrenza e tutela dei consumatori.

          Le tre linee di azione principali che la UE ha fissato sono proprio sul terreno della concorrenza (abuso di posizioni dominanti etc.), della trasparenza e tutela dei consumatori (i dati personali e i contenuti digitali gestiti dalle piattaforme), dell’avvio di un quadro regolatorio per l’intelligenza artificiale (con una maggiore uniformità normativa e un coinvolgimento attivo delle imprese, nel mondo del lavoro, della sanità, dell’istruzione etc.). Il mercato unico europeo farà certamente da apripista in tutti questi settori, tenendo però sempre in conto l’esigenza di coltivare il massimo grado possibile di cooperazione globale.

          E’ vero che la macchina della politica commerciale europea non è ancora pienamente adattata alle esigenze del settore digitale e del trasferimento continuo e massiccio di dati; ci sono progressi in corso ma è necessario accelerare. Il Digital Market Act punta a creare una sorta di area-Schengen dei dati digitali, anche se la proprietà dei dati non può essere riservata al consumatore poiché senza l’intervento delle grandi piattaforme quei dati non sarebbero raccolti né elaborati in modo utile – soprattutto correlati. Si cerca dunque di valorizzare i dati a beneficio del maggior numero possibile di attori privati.

          Anche negli Stati Uniti c’è un forte consenso sul fatto che il potere della grandi piattaforme è cresciuto a dismisura e serve ora un’operazione di riequilibrio tra questi operatori, le PMI, e i singoli utenti. Gli squilibri prodottisi negli ultimi anni hanno generato massicci spostamenti di capitali, visti gli attuali regimi fiscali, di fatto distorcendo i mercati.

          Guardando al contesto globale, la natura “disruptive” delle nuove tecnologie digitali rende inevitabile un certo ritardo nelle regole, comprese quelle fiscali, e parte di questo problema è strutturale: secondo alcuni esperti si deve anzi evitare la tentazione di entrare nei dettagli del “product design” perché le innovazioni saranno sempre troppo rapide e dunque una legislazione troppo specifica potrebbe risultare controproducente.

          Un punto di sintesi puà trovarsi in un principio generale: soltanto un corretto funzionamento di mercati concorrenziali consentirà la piena valorizzazione dei flussi di dati a beneficio dell’economia e della società nel suo complesso.

          L’espansione della banda ultralarga è un vero moltiplicatore di produttività, e l’aumento della massa di dati su scala mondiale è, secondo le stime, ancora nella sua fase iniziale. Al tempo stesso, esiste un vastissimo problema di accesso a internet a livello mondiale e gravi carenze nell’alfabetizzazione digitale anche in molti Paesi OCSE (come l’Italia). In ambito G20, i vari colli di bottiglia sono in via di discussione, con una forte enfasi – oltre ovviamente alle infrastrutture – sul capitale umano e le “skill” necessarie (una vera cultura dell’innovazione che va costantemente aggiornata) per poter sfruttare al meglio le opportunità digitali. Un’ulteriore area su cui lavorare è la collaborazione pubblico-privato, a cominciare dagli investimenti nella ricerca&sviluppo e per creare un ecosistema del lavoro efficiente e aperto.

          Una società digitale sana deve anche tenere in equilibrio da un lato il premio ai migliori talenti e dall’altro la tutela delle fasce svantaggiate (o magari meno giovani) che possono incontrare difficoltà nell’interfacciarsi con gli strumenti digitali. Gli ingredienti fondamentali sono dunque le infrastrutture, l’accesso, le skill (che dipendono a loro volta da un sistema dell’istruzione in continuo aggiornamento).