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Attività

Le imprese nella ripresa economica: punti di forza e debolezze

    Un'ora con Giancarlo Giorgetti, Ministro dello Sviluppo Economico
    • Incontro in modalità digitale
    • 19 Maggio 2021

          Oltre all’impatto economico – quantificabile e in parte ormai noto – della crisi pandemica, va valutato il suo impatto sul paradigma di politica economica per i governi su scala globale. È su questo doppio binario che si può immaginare la traiettoria della ripresa e dello sviluppo anche a medio termine. È cambiato il contesto europeo a fronte delle esigenze post-pandemia, ma ancor più ampiamente sta cambiando il rapporto tra ruolo dello Stato e funzionamento dei mercati a livello globale. Oltre a una serie di dazi, con i relativi rischi per il commercio, è emerso anche un maggiore ricorso agli aiuti di Stato, fino all’ingresso pubblico diretto nel capitale delle aziende.

          A fronte delle esigenze eccezionali legate alla ripresa post-pandemia e del necessario sostegno governativo al sistema produttivo, ci sono alcuni rischi di un eccesso di zelo da cui guardarsi, compreso quello di una rete intricata di incentivi che spesso non favorisce le imprese medio-piccole e neppure gli investitori stranieri. Una rigorosa valutazione ex post dell’efficacia di questi incentivi è comunque indispensabile. In senso più ampio, il concetto di “golden power”, cioè l’intervento autoritativo dello Stato nelle transazioni tra soggetti privati, si è allargato molto, e probabilmente i suoi limiti andranno meglio definiti.

          Rimane una preoccupazione specificamente italiana, certo non nuova ma oggi ancora più rilevante: quella relativa all’acquisizione di imprese nazionali (in alcuni casi in settori strategici) da parte di attori stranieri, europei ed extraeuropei. Come noto, l’Italia soffre soprattutto di un insufficiente dimensionamento delle imprese, per cui va incoraggiata la crescita di almeno alcuni protagonisti di taglia maggiore per poter meglio competere a livello internazionale. Un altro problema annoso è quello del sistema del credito per finanziare gli investimenti, in un quadro di complessiva sottocapitalizzazione delle imprese italiane.

          Il sistema-Paese si è dimostrato in grado di reagire con buona rapidità all’emergenza legata alla pandemia, e si sta muovendo ora con più slancio in chiave di trasformazione digitale, mentre la maggioranza delle imprese ha conservato la posizione nelle grandi catene globali del valore – rafforzando proprio la logica delle filiere d’impresa. Ma l’Italia paga lo scotto dei nodi strutturali, come quello di una pubblica amministrazione non adeguata (compreso il settore giudiziario), di una qualità non sempre alta dell’istruzione superiore e del sistema formativo, di una presenza imprenditoriale limitata nei settori ad alta tecnologia rispetto ai maggiori partner europei (sapendo che da quei settori verrà buona parte della crescita nei prossimi anni), o della scarsa produttività dei servizi. Come noto, in molta parte delle regioni meridionali queste carenze sono ancora più marcate che altrove.

          Una grande sfida per le imprese arriva inevitabilmente dalla transizione ecologica, con le sue implicazioni industriali ed energetiche, come pure regolamentari. Per di più, ciò avviene in un contesto complicato dalla pressione dei mercati su alcune materie prime (non soltanto “terre rare” ma anche metalli ben più comuni come ad esempio il rame) che rendono costosi gli approvvigionamenti in vari settori. In un sistema globale fortemente competitivo, è chiaro che soltanto risposte sistemiche potranno avere effetti positivi duraturi per il tessuto produttivo italiano. Peraltro, soprattutto il sistema manifatturiero rischia di subire danni gravi da alcune misure legate alla transizione, e sarà importante anche la capacità italiana di negoziare con le controparti europee a Bruxelles.

          Vi sono ulteriori rischi legati alle possibili distorsioni causate dai molti incentivi che si stanno attivando: se nell’immediato la priorità è stimolare la domanda, soprattutto nelle grandi opere potremmo sperimentare problemi dal lato dell’offerta – in parte per colli di bottiglia sul versante delle materie prime, in parte addirittura per la forza lavoro. Altro aspetto fondamentale sarà la tempistica delle procedure amministrative e di approvazione, da rendere più agile per non frenare il flusso di investimenti in arrivo. In sostanza i processi regolamentari sono decisivi per poter spendere in modo efficiente i fondi disponibili: perfino risorse abbondanti sono di per sé soltanto una condizione necessaria ma non sufficiente.