Il tema dell’incontro ha impegnato i partecipanti sul ruolo delle imprese a capitale estero nell’economia italiana e in particolare su una riflessione mirata ad individuare modalità e azioni che consentano di migliorare il flusso degli investimenti dall’estero.
La rilevanza del settore – che contribuisce al 6,9% del prodotto interno lordo – impone una considerazione seria del tema. Soprattutto in un contesto che vede accrescersi la mobilità verso destinazioni nuove. Lo scenario attuale vede infatti una sensibile riduzione dei flussi di investimenti stranieri in Europa e un loro spostamento verso l’Asia. In questo contesto l’Italia si trova in posizione arretrata rispetto ai principali competitor europei.
Alla luce di tali dati è quindi utile quindi individuare le dimensioni su cui agire con proposte di intervento che non incidano sul bilancio pubblico, ma che, allo stesso tempo, possano aumentare l’attrattività dell’Italia producendo effetti positivi per la competitività del sistema produttivo.
Il quadro attuale evidenzia alcuni elementi che costituiscono un freno ad una espansione in tal senso. Fra questi vengono individuati i tempi della giustizia civile, il peso della fiscalità, le regole che governano il mercato del lavoro e l’entità del debito pubblico. Si tratta di fattori che limitano gli investimenti e allo stesso tempo di ambiti sui quali è possibile lavorare per favorire una maggiore competitività dell’Italia nel contesto internazionale.
Accanto a questi elementi ci sono altri dati strutturali e in particolare quelli relativi alle difficoltà insite nel sistema normativo e alle complessità della burocrazia. Si tratta, tuttavia, di limiti superabili da aziende di grandi dimensioni. Un fattore invece degno di attenzione è quello della chiarezza delle regole, fondamentale per garantire agli investitori una ragionevole prevedibilità del risultato. È anche auspicabile valutare l’opportunità di lavorare su una semplificazione della burocrazia ponendo un’attenzione particolare al sistema dei controlli e delle verifiche.
Tuttavia, ci sono limiti fisiologici sui quali non si può agire: sul costo del lavoro, ad esempio, l’Italia non può competere con altre realtà, mentre diventa competitiva migliorando la qualità delle persone che entrano nel mercato del lavoro. A tale proposito vengono individuate due dimensioni sulle quali si può operare: la prima inerente l’eccellenza nella ricerca in ambito universitario, la seconda relativa alla formazione di tipo tecnico-professionale.
Inoltre è opportuno perseguire una crescita economica capace di tutelare le risorse naturali, che costituiscono uno dei punti di forza dell’Italia nel contesto globale. Si è discusso anche sul fatto che alle questioni inerenti il valore reale del Paese si debbano affiancare quelle relative al valore percepito, ovvero a ragioni di ordine simbolico. Si è deplorata, infine, la diffusa tendenza alla pubblica svalutazione – se non alla denigrazione – dello scenario italiano operata nei contesti pubblici e una concomitante carenza di valorizzazione delle numerose opportunità offerte dall’Italia agli investitori stranieri.