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Attività

Il futuro dell’economia europea: le scelte della nuova Commissione

    • Roma
    • 31 Gennaio 2020

          L’Unione Europea ha di fronte alcune sfide strutturali di lungo termine, che richiedono però l’avvio di politiche dall’impatto anche immediato e ad ampio spettro. Una prima questione è quella dei cambiamenti climatici, che naturalmente è su scala planetaria e per cui l’Europa ha già fissato l’obiettivo della carbon neutrality entro il 2050 (che avrà ovviamente effetti diretti anzitutto sul settore energetico). Una seconda sfida è di tipo demografico, legata all’invecchiamento della popolazione e all’afflusso di immigrati che è attualmente molto asimmetrico per destinazione all’interno dell’Unione, punti di transito e provenienza – producendo effetti assai diversificati sui vari Stati-membri. Una terza questione strutturale è quella della crescita economica, in un contesto globale in cui la finanza è fortemente interdipendente e volatile e in cui le politiche di bilancio risentono spesso di alti livelli di debito pubblico.

          La grande transizione verso un’economia verde e un modello di crescita sostenibile sta registrando risultati importanti sebbene graduali, e complessivamente avrà effetti netti positivi anche sull’occupazione, ma rimane il serio problema di gestire le ripercussioni negative di tipo locale e/o temporaneo – che rischiano di danneggiare direttamente le fasce più deboli ed esposte della popolazione. Un ingrediente ugualmente decisivo è l’attivazione dei necessari investimenti, identificati nella cifra di circa 1 trilione di euro. Vanno tenute in conto le considerazioni di consenso politico in gioco, come dimostra il caso dei “gilet gialli” in Francia e più generalmente la scarsa fiducia dell’opinione pubblica nelle istituzioni a fronte di importanti cambiamenti tecnologici e nelle regole imposte ai mercati – dunque ai produttori ma anche ai consumatori.

          Guardando alle tendenze demografiche, e in particolare all’invecchiamento della popolazione, l’intero apparato del welfare richiede importanti aggiustamenti per rendere le transizioni economiche in corso socialmente accettabili, preservando l’economia sociale di mercato che contraddistingue l’Unione Europea. Inevitabilmente, i meccanismi della politica democratica risentono comunque dei cambiamenti demografici, in termini sia di possibili contrasti intergenerazionali sia di difficile integrazione delle comunità immigrate. Un dialogo regolare e aperto con tutte le componenti della società civile diventa strumento essenziale per compiere scelte razionali e ponderate nell’interesse comune.

          Rispetto alla crescita, i trend economici generali sono stati positivi negli ultimi anni anche in chiave di rilancio dell’occupazione. Stanno però emergendo nuovi rischi, anche  significativi e legati in buona parte al commercio internazionale: si punta, dunque, a rendere l’economia europea più resiliente a fronte di shock esterni, soprattutto mediante l’aumento della produttività e la maggiore integrazione nel settore bancario e dei capitali.

          Il rafforzamento dell’euro come moneta di riserva sul piano internazionale potrà essere di sostegno all’economia  europea e favorire il perseguimento di una più solida sovranità economica in un contesto globale molto competitivo e meno stabile rispetto al recente passato. Tra i fattori di preoccupazione c’è la politica fiscale e monetaria, viste le difficoltà di introdurre misure anti-cicliche in un contesto internazionale come quello attuale.

          Una delle lezioni dell’ultima crisi finanziaria e dei debiti sovrani insegna quanto sia necessario monitorare anche gli squilibri macroeconomici dei singoli Stati-membri. Il compito della Commissione è, dunque, quello di valutare la combinazione di fattori che possono comportare dei rischi per la stabilità complessiva delle economie europee. Una scelta di policy di cui si continuerà a discutere è se e come incorporare lo European Stability Mechanism e parti del Fiscal Compact nel quadro legale della UE: per ora le relative proposte non hanno trovato sufficiente sostegno tra i Paesi-membri, ma il dibattito prosegue nell’ambito della Commissione e del Parlamento da poco insediati.