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Attività

Città, metropoli, regioni: mobilità, infrastrutture e sostenibilità finanziaria

    • Firenze
    • 18 Novembre 2011

          L’Europa come modello culturale, sociale ed economico è, innanzitutto, l’Europa delle città. Se per molti paesi, in un confronto globale, i fenomeni di urbanizzazione sono relativamente recenti, la storia e il tessuto produttivo dell’Italia e dell’Europa si sono per primi, e in modo più importante, sviluppati attorno a città e metropoli. Ed è proprio attorno al cambiamento delle città, e del modo in cui esse sono collegate, che si sta ridefinendo l’identità e il futuro sia del Paese, che dell’Unione Europea.

          La trasformazione delle aree urbane e metropolitane riflette, infatti, l’evoluzione di una società che non si articola più seguendo modelli di organizzazione del lavoro predefiniti e prevedibili, ma si muove verso schemi produttivi sempre più fluidi e flessibili. Questo implica, fra l’altro, che le città non hanno più un’unica “vocazione” produttiva – per esempio, “città della finanza”, “dell’industria dell’auto”, o “di turismo” – ma molte vocazioni che tendono a sovrapporsi e a coesistere. Allo stesso modo, all’interno di una stessa città, le diverse aree perdono, grazie all’evoluzione della mobilità, la loro connotazione distintiva e si organizzano con modelli residenziali e commerciali sempre più ibridi e variegati.

          Il cambiamento della mobilità che sta rendendo le nostre città sempre più “smart” sarà, quindi, il motore della crescita per la nostra economia, anche perché i principali investimenti che l’Italia effettuerà nei prossimi anni sono legati sopratutto alle infrastrutture di trasporto. Questi processi di trasformazione e scelte di investimento devono coniugare efficienza e qualità, senza trascurare l’aspetto della sostenibilità. Sostenibilità sul piano ambientale e della qualità della vita, ma anche finanziaria in uno scenario economico difficile e incerto in cui le decisioni di investimento pubblico devono essere particolarmente oculate.

          Il nodo del finanziamento delle opere infrastrutturali rimane, infatti, centrale sia a livello di Unione Europea che nazionale e locale. Se i project bond europei sono in dirittura d’arrivo, è tuttavia necessario attivare ulteriori strumenti e canali di finanziamento per attrarre nuovi capitali privati. In questa fase, non mancano peraltro investitori istituzionali che guardano con interesse al settore delle infrastrutture. Tuttavia, l’instabile quadro di riferimento che caratterizza un comparto come questo, fortemente influenzato da variabili politiche, fa sì che il ritorno sugli investimenti sia in molti casi inadeguato rispetto alle attese degli investitori, rendendo molti progetti difficili da finanziare sul mercato. In particolare, la scarsa chiarezza sui sistemi tariffari, che spesso oscillano ambiguamente tra criteri di mercato e forme implicite di welfare, accompagnata dall’assenza di regole e di tempi di realizzazione certi per molte opere infrastrutturali, si traduce spesso in un rischio percepito dell’investimento che allontana i potenziali finanziatori.

          Gli interventi di policy making dovrebbero, quindi, innanzitutto superare la frammentazione decisionale relativa alle scelte infrastrutturali, fornendo cornici regolamentari chiare e stabili. Rimane essenziale capire come cambia la domanda di mobilità da parte dei cittadini e delle imprese. E le risposte da dare poi, sul piano progettuale e operativo, dovrebbero perseguire tre obiettivi in modo innovativo anche con il supporto dell’information technology le cui potenzialità applicative alla mobilità appaiono enormi. Il primo è quello dell’affidabilità intesa come puntualità e velocità del servizio, ma anche come copertura complessiva della rete di trasporto. Il secondo fa riferimento all’accessibilità alla rete dalle aree critiche urbane, soprattutto potenziando l’integrazione di mezzi di trasporto diversi, ovvero l’intermodalità. Ultimo è quello relativo alla semplicità: maggiori e più tempestive informazioni e sistemi di pagamento pratici e trasparenti per gli utenti.

          La gestione di questi interventi, essenziali per il rilancio dell’economia italiana, richiede incisivi cambiamenti culturali e di governo delle decisioni. Perché coniugare qualità, efficienza e sostenibilità ha un costo. E questo costo deve tradursi in nuovi schemi tariffari e in strategie di pricing che possono essere accettate e condivise da imprese e cittadini solo nel contesto di una migliore comunicazione e di un maggior coinvolgimento da parte degli utenti stessi.  

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