La crescita del Pil registrata nel corso del 2022 dall’economia italiana è stata del 3,9%. Un dato indubbiamente incoraggiante che restituisce l’immagine di un paese forte, sostenuta principalmente dall’indiscutibile resilienza del tessuto imprenditoriale italiano, che ha saputo rispondere con flessibilità e rapidità alle sfide emerse a livello globale sin dall’inizio di questa decade.
Giacché le prospettive di crescita del Pil per il 2023 sono ridotte, occorre porre l’attenzione su particolari tematiche, quali la gestione dell’approvvigionamento energetico, l’innovazione industriale e il tema del lavoro, rispetto a cui una gestione attenta e corretta può giocare un ruolo cruciale nel preservare la competitività delle aziende italiane e garantire a quest’ultime un futuro caratterizzato da un solido percorso di crescita.
In merito al fabbisogno energetico, è necessario, in primo luogo, sviluppare una politica che permetta al settore industriale italiano di trarre beneficio dalle molteplici fonti di approvvigionamento attualmente disponibili e, in secondo luogo, adoperarsi affinché i prezzi di acquisto siano allineati a quelli di mercato.
Con riguardo al tema dell’innovazione, appare imperativo riattivare e rifinanziare gli investimenti effettuati nell’ambito dell’Industria 4.0, che già in prima battuta avevano generato nel tessuto imprenditoriale italiano un impulso al rinnovamento dei processi produttivi aziendali. A tal fine, è urgente instaurare un dialogo con le istituzioni del Governo e dell’Unione Europea, così da poter sfruttare una parte dei fondi del PNRR. L’Italia, infatti, non potendo beneficiare di un accesso privilegiato e diretto al mercato delle materie prime, per risultare competitiva e posizionarsi nel mercato in maniera distintiva, deve poter disporre di imprese in grado di trasformare le materie prime in semilavorati e prodotti finiti ad alto valore aggiunto sia tecnologico che creativo.
Infine, il mercato del lavoro presenta un insieme di elementi che richiedono attenzione immediata in quanto abilitatori critici per migliorarne l’attrattività, in particolare:
- la competitività dei salari risulta in grande parte penalizzata dall’elevato costo del lavoro che le aziende italiane debbono sostenere rispetto a concorrenti similari in altri Paesi dell’Unione Europea; pertanto, è necessario sviluppare una manovra che permetta di alleviare la pressione fiscale sui salari dei giovani. A tal riguardo, una proposta potrebbe essere quella di strutturare una flat-tax al 5% per determinate classi di lavoratori, in particolare per i primi cinque anni di impiego, misura che fungerebbe da deterrente all’emigrazione di personale giovane e qualificato, ovvero alla fuga dei cervelli.
- Il fenomeno dell’inverno demografico e la relativa trappola della denatalità, che solo in parte è pensabile di poter contrastare attraverso l’immigrazione passiva, richiede lo sviluppo di specifiche politiche attive di welfare a sostegno delle famiglie, affiancandole e garantendo di sostenere le diverse fasi di carriera dei suoi componenti, con l’ambizione di invertire questa pericolosa tendenza.
Inoltre, emerge come le imprese possano e debbano, in quanto soggetti meglio qualificati, ricoprire un ruolo attivo nei confronti dei giovani, in particolare:
- vincere la sfida nel costruire e consolidare una partnership con gli istituti scolastici – idealmente affiancandoli fin dalla fase dell’istruzione secondaria – così da instaurare un dialogo diretto con le nuove generazioni volto ad offrire una panoramica di orientamento rispetto al mondo del lavoro, alle competenze che si ritengono effettivamente necessarie e ai relativi percorsi formativi richiesti per poter accedere alle diverse professionalità.
- essere fautori di un tentativo di avvicinamento della domanda e dell’offerta, in considerazione del crescente fenomeno del disallineamento delle competenze professionali. Di conseguenza, appare prioritario che le istituzioni e le imprese possano avviare un dialogo congiunto per concordare provvedimenti volti alla costruzione di una nuova formazione e alla riformazione delle competenze esistenti, di modo che le energie e le risorse di capitale umano siano incanalate dove risulta più necessario ed urgente.
Diverse sembrano essere, invece, le problematiche relative alla gestione dei giovani che già sono entrati a far parte del mondo del lavoro, soprattutto riguardo alla valorizzazione e permanenza in azienda dei talenti. Infatti, oltre il tema salariale, si percepisce l’assenza di un reale coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali aziendali e relative assegnazioni di responsabilità, in particolare nelle prime fasi di carriera. Appare quindi interessante, quale elemento innovativo gestionale, cercare di avvicinare sempre di più le figure apicali aziendali ai giovani talenti, permettendo a quest’ultimi di partecipare attivamente nei relativi gruppi di lavoro, con l’obiettivo di ottenere un mutuo beneficio, ossia, per i primi, di poter godere di prospettive innovative e, per i secondi, di godere dell’occasione di consolidare esperienze manageriali.
Infine, appare evidente come il Paese abbia bisogno di una continua evoluzione dell’ecosistema delle start-up, in quanto realtà che naturalmente attirano nuove competenze e pioniere di nuove modalità di fare azienda, capaci di offrire strutture organizzative snelle e pertanto facilmente navigabili, nonché percorsi di carriera veloci e in constante evoluzione di responsabilità.