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The great power of scramble – Global trends and the role of Europe

  • Roma
  • 26 Ottobre 2022

        La guerra in Ucraina rappresenta un importante punto di discontinuità per immaginare il futuro assetto internazionale, in bilico fra l’ordine garantito da un sistema di regole condivise e una prospettiva di disordine caratterizzata da un confronto serrato fra democrazie e autocrazie.

        In questo senso il Congresso del Partito comunista cinese che ha dato a Xi Jinping un inedito e rafforzato terzo mandato, complica inevitabilmente le relazioni fra l’Occidente e Pechino. La sfida per la supremazia tecnologica fra Cina e Stati Uniti potrebbe spingere ulteriormente Xi a stringere alleanze pragmatiche come quella in corso con la Russia.

        Il ruolo internazionale di Mosca e la sua capacità di continuare a sostenere lo sforzo bellico in Ucraina, rimangono, in ogni caso, fra le principali incognite future. I nuovi equilibri sono influenzati, però, anche da altri importanti attori, come l’India che mantiene relazioni con la Russia e allo stesso tempo è parte di un’alleanza strategica e tecnologica come il Quad. Il Sud Globale, del resto, è terreno di contesa fra le principali potenze in campo, in termini di interessi ancor prima che di valori come quelli democratici, e accanto a New Delhi sono molte le democrazie nel mondo che si mantengono al margine del confronto fra la Russia autocratica e le democrazie occidentali.  Anche in Europa e Stati Uniti sarà importante osservare come evolverà lo stato di salute dei sistemi democratici e come i governi utilizzeranno la propria sovranità nel gestire l’equilibrio fra interesse nazionale e sfide collettive. Intanto la guerra sembra aver ricompattato l’Unione Europea su importanti scelte di fondo, rafforzando notevolmente le relazioni transatlantiche. La NATO, ripresasi velocemente dal presunto stato di “morte celebrale”, è tornata a essere un attore coeso ed efficace, attraendo nuovi membri.

        In Europa, tuttavia, la partita della sicurezza si gioca molto anche in campo energetico, Il continente ha la consapevolezza di dover superare la dipendenza dal gas russo, pur risultata conveniente durante una lunga fase economica. In passato gli europei hanno già affrontato importanti shock energetici e oggi hanno di fronte le nuove possibilità offerte dalle energie rinnovabili. L’Unione Europea ha già intrapreso la strada della progressiva decarbonizzazione come soluzione a problemi economici e ambientali, ma negli ultimi mesi il Green Deal è diventato anche la principale leva anche per aumentare la sicurezza energetica.

        Si tratta di un percorso obbligato, in primo luogo per la minaccia esistenziale e geopolitica rappresentata dalla crisi climatica, che è reso complesso dall’esigenza di sovvertire, in pochi anni, un mondo costruito per due secoli sul consumo di idrocarburi. Determinanti in questo campo sono la tecnologia e la finanza. Eppure grandi risultati sta offrendo anche il cambiamento culturale che vede individui e imprese investire in prima persona nell’autosufficienza energetica garantita dalle fonti rinnovabili.

        In questo campo l’Europa deve certamente prestare attenzione a non sostituire la dipendenza dai combustibili fossili con una nuova dipendenza tecnologica dai componenti per la produzione di energia verde. Ciò significa lavorare sulle catene del valore nel solco del concetto di autonomia strategica, già affermatosi con chiarezza nelle prime fasi della pandemia. A tal fine è necessario un lavoro per rilocalizzare le produzioni strategiche, ma anche il potenziamento degli accordi di libero scambio, pur nel quadro di un rafforzamento degli strumenti di difesa commerciale europea.