In uno scenario economico globale frammentato, le parole chiave per risolvere gli squilibri economici sono: una maggiore collaborazione a livello internazionale o comunque tra i principali attori economici, una maggiore trasparenza nel sostegno nazionale alle politiche industriali e l’individuazione di nuovi meccanismi di governance.
I grandi attori al centro della discussione sono Stati Uniti, Europa e Cina: un maggiore equilibrio nei rapporti commerciali tra questi Paesi è fondamentale per le ricadute che potrebbe generare sull’economia globale.
Facendo riferimento alle relazioni tra Cina ed Europa in particolare, è necessario trovare una via comune per assorbire gli squilibri tra l’eccesso di domanda in Europa e la contrazione della domanda in Cina, che ha determinato un aumento crescente della propensione al risparmio. Dopo la crisi dovuta alla pandemia, Pechino deve stabilizzare la crescita, affrontando le molte sfide che incombono su una prospettiva economica comunque positiva.
La crisi ha anche causato il ricorso a politiche protezionistiche: per risolvere gli squilibri che si sono determinati, bisognerà ricorrere a un maggiore coordinamento e collaborazione su base internazionale, ad una maggiore efficienza per ridurre i costi produttivi, ad un rafforzamento della sicurezza sia in termini di stabilità di mercato sia in termini di sicurezza nazionale, con regole e accordi condivisi. In questo scenario rientra anche il ruolo delle valute, fino ad ipotizzare la nascita di una nuova “Bretton Woods”.
Un interessante confronto riguarda le politiche energetiche in termini tanto di sicurezza negli approvvigionamenti quanto di governance delle sfide indotte dai cambiamenti climatici. Si tratta di due questioni cruciali che comportano una revisione delle politiche e delle collaborazioni a livello internazionale. I tre attori principali nello scenario globale – ossia Stati Uniti, Europa e Cina – stanno affrontando queste sfide in maniera differente. La Cina è ancora orientata verso il carbone, come peraltro molti altri paesi in via di sviluppo, anche è notevole l’interesse verso le energie rinnovabili. Del resto, potrebbe essere vantaggioso investire l’eccesso di risparmio cinese proprio in questo settore capital intensive, avanzando nella lotta ai cambiamenti climatici e, allo stesso tempo, riducendo gli squilibri economici. Per i cinesi è utile prendere esempio dalle politiche europee, ritenute concrete – e quindi una buona guida per il resto del mondo – nell’individuare nuovi percorsi di transizione energetica. Possono nascere, quindi, nuove prospettive di collaborazione tra Cina ed Europa sia sul piano dei finanziamenti/investimenti, sia in termini di gestione dei rischi. Inoltre, la collaborazione sino-europea può estendersi ad altre aree del mondo, come per esempio l’Africa subsahariana, in un’ottica di maggiore cooperazione e di sinergia delle rispettive competenze.
Se l’economia europea e quella cinese sono ancora basate sull’import di energia da fonti fossili, diverso è lo scenario per gli Stati Uniti, forti produttori di energia utilizzata principalmente per il fabbisogno interno e meno per l’esportazione. La collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico è buona, visto che gli Stati Uniti sono un partner rilevante per i Paesi europei. Criticità si ravvisano nel diverso approccio alle politiche energetiche: nell’Unione Europea esiste una regolamentazione importante, mentre negli Stati Uniti prevale lo sviluppo commerciale. Altro tema cruciale è la tecnologia, specialmente in ambiti come la fusione nucleare e l’idrogeno, necessari per la transizione. Il modo in cui le diverse regolamentazioni interagiranno con terze parti nel mondo – anche in vista di una ristrutturazione della governance energetica che comporterà nuove forme di collaborazione con nuovi provider – sarà un punto di discussione cruciale. Definire nuovi accordi e nuove regole in questo settore sarà perciò fondamentale al fine di evitare ulteriore instabilità.
Qualche preoccupazione ha destato l’Inflation Reduction Act (IRA), emanato dall’amministrazione americana, che offre due chiavi di lettura diverse: da una parte agevola il mercato interno americano, riducendo la concorrenza, ad esempio, della Cina; dall’altro attrae investimenti, soprattutto a favore di imprese europee, che però potrebbero scegliere di spostare la produzione negli Stati Uniti con un impatto negativo sull’economia del Vecchio Continente. L’IRA ha definito accordi per settori e sottosettori specifici, introducendo un nuovo approccio commerciale e nuove regole nel settore energetico. Le strade sono ancora aperte per individuare nuove formule di cooperazione che siano vantaggiose per entrambe le sponde dell’Atlantico.
In un’ottica di governance globale, anche la salute gioca un ruolo davvero importante soprattutto in termini di cooperazione a livello internazionale, come ha insegnato la pandemia da Covid-19. Per non sprecare le lezioni apprese, saranno importanti la preparazione e la prevenzione e, dunque, la condivisione di dati e informazioni tra Paesi dovrà essere perfezionata e diventare centrale nelle relazioni tripolari tra Stati Uniti, Europa e Cina. Data l’attuale frammentarietà dei sistemi e delle informazioni, si rende necessario lo sviluppo di un coordinamento globale, basato sulla fiducia reciproca e in grado di elaborare strumenti efficaci per dare una risposta rapida alle emergenze. I sistemi sanitari nazionali vanno rafforzati, così come la sorveglianza, per individuare precocemente i segnali di pericolo derivanti da origini diverse: gli esseri umani, l’ambiente e il mondo animale. Sarebbe cruciale, poi, ripensare il sistema del finanziamento alla ricerca per ottimizzare le risorse di cui si dispone; in parallelo bisogna aumentare la fiducia nella scienza da parte delle persone, eliminare le disuguaglianze e rendere accessibili a tutti le cure e i medicinali. Questo è l’obiettivo principale di una governance globale efficace ed efficiente, che sia indipendente dalla politica e che veda un rafforzamento dell’autorità dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Nel 2020 l’Europa, ad esempio, si è fatta cogliere impreparata dalla pandemia. Grazie a strumenti giuridici elaborati rapidamente, a una serie di azioni di interesse collettivo e alla collaborazione di tutti i singoli Stati membri, la pandemia è stata “governata”. Nei due anni successivi, si è stabilito che gli Stati membri debbano avere piani nazionali, verificati con l’Unione Europea, accanto a un piano europeo ripartito per competenze e per Stati. È stata, inoltre, creata una nuova agenzia, la Health Emergency Response Authority, che garantisce accessibilità agli strumenti e a tutte le contromisure necessarie. Il trattato internazionale si basa su tre pilastri: individuazione precoce, trasparenza, condivisione di dati e informazioni; scambio di informazioni in caso di pandemia; approccio unico sulla salute coordinato dall’OMS e incentrato tanto sull’uomo quanto sugli animali e sull’ambiente. I maggiori ostacoli su questo percorso sono individuati dai cambiamenti climatici, che hanno un forte impatto sulla diffusione delle malattie, e la resistenza agli antibiotici che rappresenta un problema particolarmente grave. Per raggiungere gli obiettivi individuati, si può puntare su tre attori fondamentali: il settore pubblico, il settore privato (le industrie farmaceutiche, ad esempio) e il terzo settore. Questi tre attori, con un coordinamento ufficiale, dovrebbero lavorare insieme e condividere tutti i dati disponibili.
Non bisogna dimenticare, infine, che il mondo sta vivendo una nuova rivoluzione scientifica e industriale grazie all’Intelligenza Artificiale: il potenziale offerto da questa tecnica è altissimo e andrà gestito in un contesto di governance globale per trarne tutti i vantaggi possibili nella prevenzione e preparazione alle crisi sanitarie.
In conclusione, il mondo si può riconoscere in un “Nord” (gli Stati Uniti), un centro (l’Europa) e un Sud Globale (guidato dalla Cina): la collaborazione tra questi tre attori, garantendo un “tavolo a tre gambe” e quindi un equilibrio, è strategica nella soluzione dei problemi in un pianeta che sta seguendo la via della deglobalizzazione ma che resta comunque fortemente interconnesso.