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Strengthening the Euro-Area. Financial and monetary challenges

  • Roma
  • 22 Novembre 2023

        Rafforzare l’eurozona e affrontare le sfide finanziarie e monetarie non è un compito semplice nel contesto attuale. La complessità è particolarmente elevata per i Paesi dell’area mediterranea – Italia e Spagna in testa – che sono chiamati a non sprecare la grande opportunità offerta dai piani collegati al Next Generation EU, ma soprattutto ad affrontare lo scenario che si determinerà al termine di tali piani. 

        Particolare attenzione va riservata alla definizione di nuove regole fiscali, proprio mentre il Consiglio europeo ha sul tavolo decisioni importanti sul futuro quadro di governance economica dell’eurozona. La definizione di tale quadro non è semplice perché deve tenere conto dei numerosi sviluppi strutturali occorsi durante gli ultimi anni, con particolare attenzione al mutato paradigma della globalizzazione e alle crescenti tensioni geopolitiche. Si tratta di cambiamenti in grado di generare impatti rilevanti e vulnerabilità importanti per un’area economica come l’UE dove il peso del commercio estero sul PIL è pari al 54% nel 2021, rispetto al 26% degli Stati Uniti. È il risultato di un grande processo di apertura dell’economia europea, visto che lo stesso dato, nel 1999, era prossimo al 31%.

        Le vulnerabilità emergono in vari settori – dagli investimenti diretti esteri al comparto finanziario, passando per l’industria – accumunati da una più o meno accentuata dipendenza dai Paesi extraeuropei e dalla necessità di maggior autonomia strategica per il continente. Anche per questo i diversi attori coinvolti, dai governi alle imprese, hanno messo al centro della loro azione futura la necessità di diversificazione e di un maggior controllo sulle catene del valore. 

        Un’altra tendenza in questo ambito riguarda la necessità di spostare l’attenzione dall’efficienza alla sicurezza, con particolare riguardo per settori strategici come quelli collegati alla transizione ecologica e digitale. Proprio la digitalizzazione sta mettendo pressione a diversi comparti industriali europei che vedono aumentare la distanza – anche nella capacità di investimento – rispetto a Cina e Stati Uniti. Pressioni analoghe si registrano nella finanza in relazione all’ingresso dei giganti tecnologici sul mercato, con conseguenze per gli operatori più tradizionali. Il Vecchio Continente sconta, in questo campo, anche una capacità di investimento minore rispetto a quella americana, insieme alla mancanza di una vera unione bancaria che rappresenta uno svantaggio competitivo nei confronti gli Stati Uniti. 

        Dal punto di vista monetario, la profondità e la rapidità dei mutamenti in corso fanno insorgere la paura che l’inflazione possa diventare ancora più volatile, con effetti su un aspetto cruciale per il futuro dell’Europa come quello della produttività. Una paura che per le banche centrali si affianca a quella di nuovi shock esterni. 

        Le politiche finanziarie e monetarie che l’eurozona ha davanti a sé vanno considerate all’interno della cornice istituzionale dell’UE e delle sfide che questa si trova ad affrontare, ad iniziare da quella dell’allargamento dei propri confini e di una maggior autonomia nell’assicurare la propria difesa. A ciò si devono sommare numerose questioni sociali: dalle crescenti disuguaglianze all’invecchiamento della popolazione, passando per la gestione dei flussi migratori. 

        Per affrontare tutte queste sfide è necessaria una regolazione efficace e una macchina amministrativa efficiente. Il tutto accompagnato da una visione di lungo periodo che sappia assicurare crescita alle economie degli Stati membri e mantenere – se non aumentare – l’attrattività del Continente. La strada maestra per affrontare questo scenario rimane quella di una maggiore integrazione dell’unione monetaria e dei mercati di capitali: tasselli essenziali in uno sforzo che porti a sviluppare strumenti per finanziare i beni pubblici europei e rafforzare il progetto comunitario.