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Sostenibilità, competizione e sviluppo: le sfide per l’e-commerce

  • Roma
  • 9 Novembre 2023

        Sebbene già da alcuni anni l’e-commerce stesse conoscendo una sempre più rapida diffusione in Italia, la vera accelerazione è avvenuta con la pandemia. Mentre nel 2019 i consumatori hanno acquistato online prodotti e servizi per un valore complessivo di 31 miliardi di euro, già solo nel 2020 c’è stata una crescita che, ai ritmi pre-Covid, avrebbe richiesto un intervallo di tre anni. Tale aumento non ha interessato allo stesso modo i diversi comparti e anzi, soprattutto nella fase del lockdown, è calata la domanda di servizi – anche in ragione delle numerose limitazioni agli spostamenti. Altri settori, tradizionalmente più penalizzati come l’alimentare, hanno invece visto crescere il proprio volume di affari. Nel 2023 il fatturato del commercio online è quantificato in 54 miliardi complessivi: l’acquisto dei servizi ha visto un rinnovato impulso, soprattutto per quanto riguarda il tempo libero, mentre le diverse categorie di prodotto mostrano andamenti contrastanti. Se da un lato, per esempio, il comparto dei digital media ha continuato a crescere con costanza, quello dell’alimentare ha rallentato e il complessivo aumento del volume di affari in questo caso è molto più legato all’inflazione. Considerando però che, in Italia, il tasso di penetrazione dell’e-commerce, ovvero il rapporto tra consumi online e consumi totali, è del 13% – a fronte, per esempio, del 30% nel Regno Unito – si comprende come i margini di crescita nel Paese siano ancora molto ampi. 

        Se, come detto, attualmente l’e-commerce rappresenta nel 2023 un comparto da 54 miliardi di euro, in virtù di una filiera molto articolata e complessa, il suo valore indiretto sale in realtà fino a 80 miliardi. Allo stesso modo, con un effetto moltiplicatore, ogni euro investito nel commercio online ne genera 1,48 nella filiera, e ogni occupato ne genera 1,4 nelle attività collegate. Diversi studi, inoltre, sottolineano i benefici che l’e-commerce può portare sia nel contrasto all’inflazione sia nel sostegno alla concorrenza. In generale, si può dire che sono ormai caduti numerosi pregiudizi sull’e-commerce visto come nemico del commercio tradizionale: oggi, gran parte dei retailers riconosce l’importanza dell’omnicanalità e sempre più PMI attribuiscono centralità alla digitalizzazione come strumento per aprire nuove opportunità, anche nell’export verso l’estero. Sebbene solo il 13% delle piccole e medie imprese italiane venda online – a fronte di una media europea del 18% – alcuni studi indicano comunque come oltre il 70% delle aziende di queste dimensioni abbia avviato processi di digitalizzazione.

        Naturalmente, a fronte di questi benefici, rimangono numerose problematiche e diversi sono i nodi da sciogliere, quali ad esempio:

        • Il tema fiscale, con le grandi multinazionali dei Big Data per lungo tempo contrapposte ai governi nazionali. Gli attori sembrano tuttavia muoversi verso una reciproca collaborazione, anche grazie all’impiego di nuovi strumenti come la Global Minimum Tax; 
        • La necessità di una distribuzione capillare, che – per raggiungere non più i negozi, ma i singoli consumatori – modifica profondamente la logistica e i trasporti, con effetti sul traffico nelle città e sull’ambiente in generale. Anche i grandi magazzini di stoccaggio e i centri di smistamento hanno un impatto ambientale che va mitigato;
        • Il rapporto con i negozi fisici, che sono in continua diminuzione, tanto nei centri storici quanto nelle aree più periferiche. In questo senso, la correlazione con la diffusione dell’e-commerce non è certa, anzi, ma vanno monitorati – e, quando opportuno, prevenuti – i possibili effetti economici, sociali e di sicurezza;
        • La gestione dei dati personali, con molte implicazioni anche in termini di cyber-sicurezza. Un contributo in questo senso potrebbe venire dall’adozione dell’identità digitale unica, già molto diffusa in Paesi come la Svezia, che può attenuare tanto le diffidenze quanto le difficoltà anche nella popolazione più anziana; 
        • Collegato al precedente, c’è il tema demografico: in una società sempre più vecchia, la comodità dell’acquisto online rappresenta un vantaggio che però ha come presupposti essenziali le competenze informatiche e l’accessibilità delle reti digitali e di distribuzione, anche nelle aree più marginali e meno densamente popolate;
        • La diffusione della contraffazione, che colpisce tanto la credibilità delle piattaforme di intermediazione quanto il diritto alla tutela del consumatore-acquirente. La protezione dei brevetti e l’impiego di tecnologie come l’IA possono aiutare a contrastare questo fenomeno.

        Per approfittare dei grandi margini di crescita già menzionati, è centrale il ruolo delle istituzioni e dei decisori politici sia nazionali che locali, anche in collaborazione con i privati. Occorre investire, da un lato, nelle infrastrutture informatiche e fisiche – per collegare al meglio i cittadini e le zone del Paese – e in programmi di alfabetizzazione digitale; questi ultimi devono rivolgersi anche alle imprese, per sostenerne la digitalizzazione insieme agli incentivi fiscali e alla sburocratizzazione. In questo modo è possibile contribuire all’affermarsi di un modello di e-commerce sostenibile e flessibile, che sappia soddisfare le rinnovate esigenze dei consumatori e affrontare le sfide di un contesto in costante mutamento.

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