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Modello Italia e la nuova lotta al crimine internazionale. Intervista a Roraima Andriani

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    • 1 Marzo 2017
    • Marzo 2017
    • 1 Marzo 2017

    Roraima Andriani dirige il dipartimento Crimine Organizzato e Crimini Emergenti dell’Interpol. In un lavoro “dove le donne sono pochissime e quelle che arrivano a livelli di top management ancora meno”, Andriani coordina, per la principale organizzazione internazionale di polizia, le attività strategiche e operative relative ad una vasta gamma di crimini transnazionali: dal traffico di stupefacenti a quello di esseri umani, passando per le frodi finanziarie e i crimini ambientali. Un osservatorio privilegiato su come il crimine organizzato si evolve e utilizza nuovi strumenti digitali, frammentando i traffici di prodotti illeciti e rendendo più difficile l’azione di contrasto.

    Come sta cambiando il crimine organizzato?
    Nello scenario attuale anche quelli che noi consideriamo crimini classici – pensiamo al traffico di stupefacenti – si stanno adeguando ai cambiamenti tecnologici. Uno degli elementi che caratterizza il crimine oggi è l’utilizzo della rete: è ciò che noi chiamiamo enabling crime e cioè l’uso di strumenti digitali per traffici illegali. Il traffico di prodotti contraffatti, ad esempio, avviene sempre più spesso attraverso i social media, grazie all’anonimato garantito da questi strumenti. Tale mutamento pone nuove sfide nel contrasto alla criminalità: mentre in passato i container erano la via principale per trasportare nel mondo grandi quantità di prodotti illeciti, ora il crimine organizzato punta a una frammentazione dei traffici. La strategia di distribuzione è più parcellizzata e questo rende più difficile intercettare i prodotti ed effettuare sequestri.

    Quali sono, a suo avviso, i “crimini emergenti” più preoccupanti?
    Non c’è dubbio che uno dei più preoccupanti sia il crimine ambientale. Purtroppo molti stati – anche europei – non lo considerano prioritario, ma si tratta di un fenomeno che avrà grandi conseguenze sulla nostra vita quotidiana nel medio e lungo termine. Parliamo infatti di un crimine che ha impatto su biodiversità, risorse naturali e qualità dell’ambiente. Un distinzione fra crimine organizzato (che ha la finalità unica del profitto) e terrorismo (più orientato a un discorso ideologico) è senza dubbio molto utile. Esiste però un’area grigia di attività illecite che va comunque a supporto del terrorismo: dalla corruzione al traffico di sostanze illecite, passando per la contraffazione di documenti di viaggio. Il terrorismo del resto fa spesso riferimento al crimine organizzato per quanto riguarda supporti logistici e organizzativi.

    L’ Interpol ha strumenti adeguati di contrasto nel nuovo scenario?
    È indubbio che gli attacchi terroristici, a partire da quello delle Torri Gemelle, hanno dato una spinta in avanti nella prontezza delle organizzazioni di polizia e nell’adeguamento delle loro strumentazioni. Le polizie occidentali, in particolare, hanno raggiunto livelli di specializzazione e sofisticazione davvero alti. Certo, l’Interpol ha 190 Paesi membri e non possiamo parlare di standard univoci, sia dal punto di vista amministrativo sia dal punto di vista delle attrezzature. Anche per questo, una sfera dell’organizzazione è legata allo sviluppo e al capacity builiding di Paesi e regioni che non hanno risorse finanziarie e strumenti adeguati.

    Vista l’esperienza di prima linea nella lotta al crimine organizzato si può parlare di modello Italia?
    Si, certo. La normativa sui pentiti e le relative leggi premiali sono sicuramente state un mezzo che ha permesso all’Italia di sconfiggere una parte del terrorismo negli anni Settanta e di dare un duro colpo alla mafia. E questo non solo sotto il profilo legislativo, ma anche investigativo: basti pensare alla Direzione Nazionale e a quelle Distrettuali Antimafia o all’invenzione del maxiprocesso. Tutte queste esperienze fanno sì che l’Italia sia vista con estremo rispetto da altre polizie del mondo e da organizzazioni importanti come l’FBI.

     

    Roraima Ana Andriani nasce in Venezuela nel 1963 da mamma venezuelana e padre italiano. Dopo essersi laureata con 110/110 e lode in giurisprudenza a Bari, si trasferisce a Bruxelles dove partecipa all’elaborazione del primo Piano Antidroga dell’Unione Europea. Nel 1989 entra in polizia: sarà la prima donna funzionario ad essere trasferita all’estero presso l’Ufficio Europeo di Polizia de L’Aia. Prosegue la sua carriera passando all’Interpol dove, nel 2001 viene nominata Direttore di Gabinetto, risultando la prima donna e la prima italiana ad occupare un incarico di così alto prestigio. Da settembre 2015 è Direttore del Dipartimento Crimine Organizzato e Crimini Emergenti.