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La proteina che combatte Alzheimer e autismo. Intervista a Cristina Alberini

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    • 30 Giugno 2015
    • Giugno 2015
    • 30 Giugno 2015

    Una proteina che permette di allungare e potenziare le memorie, con applicazioni possibili nelle malattie tipiche dell’invecchiamento, come l’Alzheimer, ma anche in altre patologie degenerative come l’autismo. Cristina Alberini, professore alla New York University studia i meccanismi biologici che portano alla formazione di nuove memorie. Nel 2011 ha scoperto gli effetti che la proteina IGF-II, prodotta dal cervello, può avere sulle memorie a lungo termine. Ora la sua ricerca prosegue con esperimenti sui meccanismi di azione di questa molecola.

    Cos’è IGF-II e quali effetti può avere sul cervello?
    Insulin-like Growth Factor II, o più in breve IGF-II, è una proteina prodotta naturalmente dal cervello, essenziale per formare memorie a lungo termine. Per capirci: il cervello produce più IGF-II quando apprende qualcosa di nuovo. Negli esperimenti che abbiamo effettuato sui topi, abbiamo, fra le altre cose, anche aumentato la somministrazione di questa proteina in seguito ad un evento di apprendimento. La conseguenza è stata un potenziamento notevole delle memorie, insieme ad un aumento della loro persistenza. Quando invece abbiamo bloccato l`aumento endogeno di IGF-II prodotto dall’apprendimento abbiamo visto che le memorie a lungo termine non si formano.

    Quali sono le conseguenze di questa scoperta?
    Gli esperimenti ci rivelano non solo che la proteina prodotta dal cervello è essenziale per la produzione di memorie a lungo termine, ma anche che, aumentandone il livello attraverso la somministrazione, aumenta la persistenza di queste memorie, rallentando la loro perdita del tempo. Per ora abbiamo studiato gli effetti sugli animali, ma le prospettive sono notevoli anche per l’uomo.

    Le potenzialità di IGF-II sono collegate anche al fatto che questa proteina ha dimostrato di non modificare la capacità del cervello di apprendere ulteriormente: in altre parole IGF-II aumenta le memorie, ma la flessibilità del cervello rimane. Durante gli esperimenti siamo andati, infatti, a verificare che un potenziamento delle memorie non avesse effetti negativi sui “nuovi apprendimenti” o sull’elasticità nel trattamento dei ricordi già appresi. IGF-II ha superato la prova e questa è una buona notizia.

    Quali applicazioni può avere IGF-II?
    I livelli IGF-II aumentano nell’ippocampo, una regione del cervello importante per la formazione della memoria a lungo termine, e agiscono su tipi di memorie che, nell’uomo, sono le classiche memorie esplicite o dichiarative, mentre non ha effetto su memorie implicite di tipo emotivo. Siamo, quindi, in un campo che è fra i più colpiti dalle perdite di memoria legate all’invecchiamento, come nel caso dell’Alzheimer.

    Non solo: fra le memorie interessate dagli effetti di IGF-II ci sono anche quelle collegate all’estinzione delle paure. Se un soggetto ha subito un evento negativo in un certo contesto, riesponendolo allo stesso ambiente per diverse volte senza il condizionamento della paura, si può arrivare a un’estinzione della paura stessa. Si tratta di una strategia comunemente utilizzata nel trattamento delle fobie, in cui l’impiego di IGF-II potrebbe aumentare e velocizzare l’estinzione.

    Effetti terapeutici si potrebbero avere anche nel trattamento dell’autismo: in topi normali IGF-II potenzia le memorie di riconoscimento sociale, e in topi modello di alcuni fenotipi di autismo, la proteina fa recuperare deficit tipici di questa patologia.

    Questa proteina potenzia  la memoria anche in persone senza patologie?
    Indubbiamente IGF-II aumenta la memoria, permettendo al contempo flessibilità e reversibilità di apprendimento nel cervello. Personalmente, però, credo sia più interessante intervenire sulle patologie prima di studiare un potenziamento della memoria in individui sani.

    L’unico ostacolo che potremmo avere è che, la IGF-II – essendo una proteina nota e prodotta a livello endogeno dal cervello – non venga sviluppata adeguatamente dalle industrie perché eventuali scoperte relative a questa molecola non verrebbero protette da brevetto. Sarebbe un peccato; vediamo, infatti, esiti davvero eccezionali nei modelli animali: i topi invecchiati, ad esempio, sviluppano come gli umani deficit di memoria, ma IGF-II permette un recupero significativo.

    Questa proteina, del resto, passa naturalmente la barriera ematoencefalica, la protezione che isola naturalmente il cervello e che, nella somministrazione di farmaci, può diventare un vero e proprio ostacolo. IGF-II offre un sistema naturale di trasporto che permette di arrivare direttamente al cervello e può essere somministrata facilmente: sottocute e probabilmente anche per via intranasale.

     

    Cristina Alberini è Full Professor presso il Center for Neural Science (CNS) della New York University. I suoi studi hanno contribuito alla caratterizzazione dei meccanismi biologici necessari per la formazione e il mantenimento delle memorie a lungo termine. .In particolare le sue ricerche si sono focalizzate su: identificazione di geni e proteine regolate dall’apprendimento e necessarie per la formazione di memorie a lungo termine; il rapporto tra stress e memoria; meccanismi per aumentare le memorie e prevenire il decadimento cognitivo.