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I gelati d’autore che conquistano Londra. Intervista a Christian Oddono

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    • 3 Marzo 2015
    • Marzo 2015
    • 3 Marzo 2015

    Rispetto delle regole, utilizzo delle tecnologie e meno burocrazia: le start-up possono prosperare anche in Italia, a patto di compiere ulteriori sforzi per creare un ambiente favorevole ai neo-imprenditori. Christian Oddono, che a Londra ha aperto una catena di gelaterie di qualità, racconta al sito di Aspen la propria esperienza imprenditoriale nel Regno Unito. Spiegando come la svolta per favorire la nascita di imprese inizi proprio da una maggiore informatizzazione delle pubblica amministrazione.

    È stato semplice far nascere la sua azienda a Londra? Il modello inglese per le start-up si può importare in Italia?
    Far nascere la mia azienda nel Regno Unito è stato molto facile. Non ho esperienza diretta del fare impresa in Italia, ma non sarebbe una cattiva idea introdurre anche qui il sistema delle società off the shelf che consentono al neo imprenditore di rilevare una società già costituita cui basta cambiare nome per iniziare le attività. Non ritengo, tuttavia, che esista un modello inglese da importare: in Italia vedo piuttosto due grandi divari da colmare. Il primo riguarda la diffusione della tecnologia presso la pubblica amministrazione; il secondo, forse più complesso, riguarda l’etica del sistema. Il rispetto delle regole porta a una maggiore efficienza e anche a processi di cambiamento più veloci. Perché i cittadini premiano chi riesce a risolvere i problemi.

    Come si vende un “gelato italiano” a Londra?
    Noi facciamo fresh gelato, un prodotto che viene realizzato fresco nei nostri negozi. E quindi non possiamo dire che si tratta di made in Italy. Quello che noi vendiamo è un’emozione italiana, e del resto, anche se le origini del gelato sono incerte, è risaputo che gli italiani sono bravi a farlo.

    Quella del gelato un’esperienza che il cliente inglese – magari dopo una vacanza in Italia – vuole riprovare. Ciò che però interessa di più a chi entra nelle nostre gelaterie è il prodotto in sé, al di là delle etichette. Per questo i nostri ingredienti sono di prima qualità e molti vengono dall’Italia, ma senza vincoli eccessivi: il pistacchio più buono secondo me è quello di Bronte, e così lo compro lì da un produttore che ho visitato e di cui mi fido; le nocciole, invece, le prendo nelle Langhe. Abbiamo però anche gusti e ingredienti più anglosassoni come il burro di arachidi.

    Dopo Londra quali sono le prossime frontiere della vostra crescita?
    Ritengo che a livello internazionale ci sia un grane divario nel mercato di questo prodotto: in molti Paesi, infatti, non è facile trovare un gelato realizzato fresco tutti i giorni. Stiamo guardando a vari mercati e stiamo pensando ad un’ulteriore crescita su quello inglese. In ogni caso, dovunque andremo, saremo costretti ad adattare il prodotto ai gusti locali. Quando ho lanciato Oddono’s sono tornato in Italia per imparare a fare il gelato, ma le ricette che abbiamo oggi sono molto diverse da quelle originarie. E questo perché il gusto cambia estremamente da Nord a Sud: anche in Italia è possibile che una gelateria di Milano e una di Palermo abbiano ricette molto diverse.

    L’”emozione italiana” del gelato è importante nell’attrarre clienti da Oddono’s. Vale anche per altri settori dell’alimentare?
    Il turismo è molto importante per i prodotti italiani all’estero, e anche per questo l’Italia dovrebbe aumentare la propria attrattività. Il turismo oggi aiuta a vendere perché il cliente è sempre più sofisticato e dà valore al fatto di conoscere, magari di persona, la storia di un prodotto. In questo senso far conoscere di più i luoghi da cui arrivano determinati alimenti aiuta poi a venderli con successo. Anche per questo, noi di Oddono’s abbiamo deciso di puntare molto sull’istruzione: abbiamo, infatti, un programma con le scuole. I ragazzi vengano da noi e sembrano molto contenti di imparare cos’è e come si fa il gelato.