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Le sfide demografiche per l’economia e le imprese

  • Milano
  • 15 Dicembre 2025

        La demografia rappresenta oggi uno dei principali fattori strutturali di trasformazione economica e sociale a livello globale. In un contesto caratterizzato da un aumento senza precedenti della longevità, da una progressiva urbanizzazione, dalla diffusione dell’istruzione terziaria e da flussi migratori crescenti, l’Italia si colloca sistematicamente agli estremi delle principali tendenze. Il Paese è caratterizzato da bassa fecondità, rapido invecchiamento, riduzione della popolazione in età attiva, squilibri territoriali; l’aumento dei laureati si scontra poi con una difficoltà di integrazione tra formazione, lavoro e sviluppo, provocando un significativo mismatch fra domanda e offerta di impiego.

        Non si tratta di un esito inatteso, bensì di una dinamica prevedibile, determinata a livello nazionale da fattori di lungo periodo nei quali le scelte personali si intrecciano con una crescita economica persistentemente debole, capace di incidere sui progetti di vita e sull’autonomia delle giovani generazioni. In questo quadro si inserisce un tasso di fecondità ai minimi storici, che configura un processo di “degiovanimento” destinato a produrre effetti cumulativi difficilmente reversibili, poiché una riduzione così prolungata della natalità non risulta compensabile nemmeno da flussi migratori più consistenti e meglio gestiti. A ciò si accompagna la rapida crescita della popolazione anziana in un Paese tra i più longevi al mondo, con un aumento marcato dell’indice di dipendenza, in particolare del rapporto tra ultrasessantacinquenni e persone in età attiva.

        L’insieme di questi fattori solleva questioni rilevanti per l’economia e per un sistema di welfare costruito in una fase di espansione demografica e crescita economica sostenuta. In assenza di interventi adeguati, le proiezioni indicano una significativa riduzione della popolazione complessiva e della forza lavoro nei prossimi decenni, con effetti negativi sulla crescita potenziale, sulla produttività e sulla capacità di finanziare il sistema pensionistico e sanitario.

        Il ruolo delle imprese e del sistema produttivo assume pertanto un rilievo strategico. La scarsità di manodopera rende il capitale umano un fattore competitivo decisivo, imponendo investimenti in formazione continua, riqualificazione delle competenze, innovazione organizzativa e miglioramento delle condizioni di lavoro. La contrazione quantitativa del capitale umano rende indispensabile, insomma, un rafforzamento della sua qualità.

        In questo solco, la transizione digitale e l’adozione dell’intelligenza artificiale rappresentano una sfida rilevante, offrendo da un lato la possibilità di sostenere e potenziare il lavoro, anche attraverso un allungamento della vita attiva, ma richiedendo dall’altro un cambiamento culturale nel mondo delle imprese e della formazione, fondato su competenze trasversali, capacità di adattamento, leadership diffusa e modelli organizzativi più partecipativi. La gestione delle diversità generazionali e culturali, il rafforzamento delle politiche di attrazione e trattenimento dei talenti e lo sviluppo di sistemi di welfare aziendale costituiscono leve cruciali per sostenere produttività e coesione sociale.

        Un tessuto di piccole e medie imprese come quello italiano, caratterizzato da significativi punti di forza ma anche da debolezze strutturali, in particolare nella capacità di generare innovazione, non può tuttavia essere lasciato solo in questo processo. Un sostegno essenziale deve derivare da una collaborazione strutturata con il sistema formativo, che riveste una funzione centrale nella risposta alla crisi demografica. Scuola e università non sono solo fornitori di competenze avanzate, ma anche infrastrutture sociali capaci di favorire integrazione, mobilità sociale e apprendimento permanente. Cambiamenti di questa portata richiedono un ruolo forte di un sistema che non può più limitarsi alla mera “istruzione”, ma deve tornare a porre al centro il tema dell’“educazione”.

        Il rafforzamento del legame tra istruzione, ricerca e imprese, insieme a politiche mirate a trattenere laureati e studenti internazionali, risulta essenziale per contrastare la dispersione di capitale umano. Parallelamente, l’estensione della vita lavorativa e la valorizzazione delle competenze delle diverse generazioni, attraverso percorsi di aggiornamento e riconversione sviluppati lungo tutta la vita (lifelong learning), possono contribuire a mitigare gli effetti della contrazione demografica.

        Persistono tuttavia criticità che richiedono interventi tempestivi. In Italia si registrano bassi tassi di attività femminile, una quota significativa di giovani fuori dai percorsi di istruzione, formazione e lavoro (NEET), accanto a un marcato disallineamento tra domanda e offerta di competenze. L’istruzione terziaria, pur in espansione, rimane inferiore ai principali benchmark internazionali e non sempre coerente con le esigenze di un sistema produttivo in trasformazione. Ne deriva una combinazione di overeducation, carenza di profili tecnici e professionali, difficoltà di reperimento di manodopera qualificata e dispersione di capitale umano, alimentata anche dall’emigrazione di giovani e laureati. In tale contesto, l’immigrazione costituisce una risorsa strutturale per sostenere la base occupazionale e produttiva, ma richiede politiche coerenti di attrazione, integrazione e valorizzazione, orientate alla stabilizzazione dei percorsi di vita e alla costruzione di appartenenza, piuttosto che a una gestione emergenziale dei flussi.

        Le dinamiche demografiche in Italia presentano inoltre una forte dimensione territoriale. Le grandi aree urbane, in particolare l’asse tra Milano e Bologna, continuano ad attrarre studenti, lavoratori e imprese, ma spesso faticano a trasformarsi in luoghi di radicamento stabile, a causa di costi elevati, accessibilità limitata e prospettive di vita percepite come temporanee. Al contempo, vaste aree interne e porzioni rilevanti del territorio nazionale registrano processi di spopolamento, invecchiamento accelerato e contrazione dei servizi essenziali. Tali tendenze accentuano le disuguaglianze territoriali e compromettono la coesione sociale, ponendo interrogativi sulla sostenibilità dei modelli di sviluppo e sull’organizzazione dei servizi pubblici.

        Nel complesso, la sfida demografica non va interpretata come un vincolo esogeno e immodificabile, bensì come un ambito di policy nel quale interventi immediati, accompagnati da scelte coerenti e di lungo periodo, possono incidere sugli esiti futuri. La capacità di offrire prospettive credibili alle nuove generazioni, di promuovere solidarietà intergenerazionale e di ripensare il patto sociale costituisce una condizione essenziale per preservare competitività economica, sostenibilità del welfare e qualità della democrazia.