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Le Città protagoniste del cambiamento

  • Roma
  • 17 Novembre 2023
  • 18 Novembre 2023

        Il fenomeno dell’urbanizzazione non solo non accenna a fermarsi, ma si prevede che, entro il 2050, il numero di persone che vivrà in aree urbane raggiungerà circa il 66% della popolazione mondiale. In un’epoca in cui è necessaria una transizione ecologica, sociale ed economica, le città saranno sempre più soggetti attivi di questo cambiamento, diventando sostenibili e resilienti, ovvero a misura d’uomo e dell’ambiente.

        Ad oggi in Italia la responsabilità della pianificazione urbana è demandata al Ministero dell’Interno, ma manca una governance a livello istituzionale, come ad esempio un dicastero dell’Urbanistica. La responsabilità però non è solo delle istituzioni: occorre costruire leadership nel pubblico, nel privato e nella società civile in grado di fare scelte forti, a volte impopolari, ma che siano olistiche e di sistema. 

        Esistono esempi di successo di collaborazioni pubblico-privato, che devono essere prese come riferimento e replicati, come MIND – Milano Innovation District. A tal fine è altrettanto necessario allineare i tempi decisionali pubblici con quelli del privato e del mercato. 

        Solo attraverso una governance che funziona, infatti, si potrà responsabilizzare la comunità attorno a una visione unica e condivisa. La partecipazione, l’ascolto e il dialogo sono gli strumenti per una transizione inclusiva. È necessario, in particolare, coinvolgere i giovani, portatori di passione e curiosità, che devono e vogliono sempre più guidare questo processo di trasformazione. Perciò si devono pensare politiche rivolte a questa fascia della popolazione, favorendo l’accessibilità alla casa e le opportunità lavorative.

        La rigenerazione urbana, del resto, è un tema politico e riguarda tutta la popolazione. Nell’epoca della permacrisi – il concatenarsi di crisi in un susseguirsi permanente che ha caratterizzato gli ultimi 15 anni – è diventato evidente, poi, come la città debba acquisire maggiore flessibilità e capacità di adattarsi. Nei progetti di rigenerazione urbana di ampio respiro, l’integrazione sociale va progettata tramite spazi pubblici e servizi che creino comunità.

        Le grandi opere e infrastrutture sono state, nel tempo, la forma più alta di democratizzazione dei popoli. Oggi è necessario tornare a prendersi cura del tessuto urbano ed edilizio attraverso rigenerazione, ma anche ricuciture e strategie. In questo contesto le città devono diventare laboratori di sperimentazione, dove la trasformazione avvenga attraverso un cambio di mentalità e di cultura, e la tecnologia diventi un mezzo attraverso il quale produrre innovazione, efficientando i processi e diminuendo l’impatto sull’ambiente. 

        È importante, inoltre, che queste innovazioni siano scalabili e riproducibili in contesti territoriali diversi, al fine di guidare un cambiamento su scala nazionale. Allo stesso tempo è stato sottolineato come nelle campagne e nei borghi, dove mancano servizi e infrastrutture, gli elementi che promuovono il cambiamento siano il tessuto sociale forte e la predisposizione a destreggiarsi nel trovare alternative; una spinta che andrebbe ritrovata anche nelle città.

        In un tale quadro di cambiamenti è importante, inoltre, sottolineare come lo spopolamento sia uno degli effetti principali della crisi demografica che sta vivendo in questi anni l’Italia, la cui popolazione è diminuita di circa 180.000 persone nell’ultimo anno a causa delle minori nascite e dell’aumento dei decessi. Per invertire la rotta è importante enfatizzare il recupero delle capacità di crescita del territorio, riconoscendo le radici e l’identità come elementi fondamentali, cui si deve affiancare la tecnologia.

        Se quest’ultima rimane centrale come motore del cambiamento, permangono, tuttavia, interrogativi sull’eccessiva tecnologizzazione e il potenziale rischio di smarrire l’identità delle città. Nonostante l’apprezzamento per l’accelerazione delle grandi opere e la semplificazione della manutenzione attraverso il digitale, è emersa la necessità di agire con cautela per garantire la non invasività delle tecnologie e proteggere la privacy nella digitalizzazione e la condivisione di informazioni personali.

        Il digitale è stato riconosciuto come un catalizzatore fondamentale per migliorare la qualità urbana e garantire la sicurezza, ma sono emersi limiti normativi in Italia che indicano la necessità di politiche più attente ai dati e di un maggiore supporto all’innovazione.

        La tecnologia rimane in ogni caso un potente strumento per il progresso delle città, oltre a essere una propria necessità per la sopravvivenza delle aree rurali del Paese. L’open innovation, incentivata dalle grandi imprese, è stato considerata un elemento positivo, con esempi concreti di successo come il progetto ROAD – Rome Advanced District. 

        Nonostante gli attuali incentivi, è emerso come la sfida principale non sia esclusivamente di natura economica, ma anche culturale. Le resistenze alla digitalizzazione e al cambiamento richiedono, infatti, una riformulazione dei processi, delle abitudini e degli approcci. In questo ambito l’Intelligenza Artificiale è una risorsa chiave per ottimizzare impianti e processi ambientali.

        Infine, è emersa la necessità di integrare sostenibilità e digitale, creando una visione sistematica tra i due concetti. La consapevolezza è stata indicata come la parola chiave per la città del futuro, richiedendo una visione olistica del territorio e il recupero dei borghi con una vocazione economica diversa. Del resto la pandemia ha dimostrato che le imprese orientate verso la sostenibilità e la digitalizzazione sono più resilienti e in crescita: un elemento che apre nuove prospettive per il futuro delle città.

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