Discutere sul tema dell’innovazione in medicina offre l’occasione per una riflessione approfondita sul tema della gestione del dato sanitario, quale risorsa strategica per migliorare il sistema sanitario nazionale (SSN), potenziando la ricerca scientifica, la medicina di precisione e le iniziative di prevenzione.
In questo contesto, emergono sia le potenzialità che i limiti dell’attuale approccio del SSN italiano nell’uso dei dati personali, con particolare attenzione ai limiti allo sfruttamento delle informazioni, imposti da un quadro normativo che non ha ancora trovato il giusto bilanciamento tra diritto alla privacy e interesse pubblico della ricerca e dell’innovazione. Bilanciare la tutela della riservatezza e l’innovazione si rivela una sfida cruciale, soprattutto quando l’eccessiva tutela rischia di rallentare progetti di salute pubblica con benefici tangibili per i cittadini. Molti progetti di medicina di iniziativa – volti alla prevenzione e alla cura proattiva – si sono infatti arenati a causa di questioni legate al consenso e alla gestione della privacy, evidenziando la necessità di un quadro normativo che, senza sacrificare la sicurezza dei dati, consenta un uso efficace di queste informazioni per il progresso medico. Peraltro, si può mettere in discussione l’efficacia di strumenti come il consenso informato, in termini di protezione della riservatezza ed effettivo coinvolgimento del paziente nelle scelte relative al trattamento dei propri dati, in particolare considerando l’asimmetria informativa e la disparità tra medico e paziente.
L’Europa ha, in tal senso, compiuto passi significativi per facilitare l’uso dei dati sanitari a fini di interesse pubblico, introducendo il “legittimo interesse” come base giuridica per l’uso secondario delle informazioni a scopo di ricerca e innovazione. Questo cambiamento ha dato il via a una nuova fase in cui il consenso non è più l’unica base legale per l’accesso ai dati, superando le limitazioni del consenso tradizionale e rendendo possibile dare maggiore importanza all’utilità collettiva della ricerca scientifica. Si introduce così una cultura che va oltre la concezione individualista e proprietaria del dato e arriva a considerarlo una risorsa comune, aprendo nuove prospettive per la sanità nazionale.
In Italia, la situazione è resa più complessa da una forte frammentazione normativa tra le regioni, che limita l’efficacia complessiva del sistema. L’esperienza del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), implementato con approcci e tecnologie diverse a seconda delle regioni, ne è un esempio lampante.
L’armonizzazione normativa a livello nazionale è dunque un passaggio imprescindibile per costruire una rete sanitaria integrata, dove la telemedicina e un ecosistema di dati sanitari possano garantire assistenza e continuità della cura a tutti i cittadini. Per superare queste criticità, appare di grande importanza implementare modelli innovativi di governance nazionale, capaci di garantire uniformità nelle regole di accesso ai dati e piena interoperabilità (nelle sue declinazioni tecnica, infrastrutturale, semantica, legale). Solo con una robusta governance nazionale – e solo sfruttando i prossimi, cruciali, anni prima della piena entrata in vigore del nuovo quadro regolatorio europeo per svolgere sperimentazioni (sandbox) sia tecniche che legali – l’Italia potrà consolidare il proprio ecosistema nazionale dei dati sanitari come volano per la digitalizzazione e la competitività del SSN. Ciò permetterebbe di sfruttare appieno il potenziale derivante dall’attuazione delle più recenti innovazioni normative europee: dal Data Act, al Data Governance Act, fino all’European Health Data Space e all’AI Act.
Quanto al ruolo dell’intelligenza artificiale (IA) in medicina, questa tecnologia è vista come uno strumento indispensabile per ottimizzare la diagnosi e migliorare la programmazione sanitaria. Dal punto di maturità tecnologica, emerge come l’IA stia già dimostrando la propria utilità in ambiti quali l’elaborazione di immagini TAC e di risonanza magnetica (MRI), rendendo le diagnosi più rapide ed efficaci; il suo utilizzo, tuttavia, pone questioni di governance dei dati e di responsabilità etica, oltre a richiedere nuovi modelli di formazione dei medici e del personale sanitario.
In un tale quadro, rimane fondamentale una collaborazione tra pubblico e privato per massimizzare l’efficacia delle risorse disponibili. Le aziende private potrebbero giocare un ruolo chiave nella diffusione della telemedicina e del telemonitoraggio, colmando le attuali lacune di accesso e sostenendo il SSN nell’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate, sperimentando allo stesso tempo nuovi modelli economici per sostenere l’adozione di questi sistemi innovativi.
In conclusione, è evidente come la strada verso un sistema sanitario basato sui dati richieda un impegno collettivo non solo normativo, ma anche culturale e tecnologico. Soltanto attraverso un coordinamento tra enti regionali e nazionali, la collaborazione continuativa con l’Autorità Garante per la Privacy, il superamento della frammentarietà e una maggiore apertura all’uso dei dati per finalità di interesse pubblico, sarà possibile realizzare un sistema sanitario che sia veramente innovativo, accessibile e sostenibile.