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Infrastrutture, economia e ambiente per rilanciare le città e i territori

  • Venezia
  • 4 Ottobre 2025

        L’Italia ha risorse, competenze e opportunità per lo sviluppo delle proprie città e dei propri territori, nonostante la portata delle sfide economiche, geopolitiche e sociali che deve affrontare. In un frangente così delicato non ci si può però limitare a prevedere il futuro: è necessario iniziare a progettarlo con doveroso ottimismo e con un’attenta analisi dei limiti e dei punti di forza del Paese. 

        Lo sforzo progettuale deve partire dalle infrastrutture e dalle sfide legate alla fine del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’Italia è chiamata a mantenere il ritmo di investimenti del Piano (circa 25 miliardi annui), anche di fronte a crescenti necessità di manutenzione delle tante strutture stradali e ferroviarie costruite durante il boom economico. La principale questione riguarda la mobilitazione dei fondi: si stima che a livello globale entro il 2040 il settore infrastrutturale abbia bisogno di 106.000 miliardi di dollari per la realizzazione di nuove strutture e per l’aggiornamento di quelle esistenti. La quota principale (pari a 36.000 miliardi) verrà assorbita da trasporti e logistica, seguiti dall’energia e dal digitale. 

        Vista la scala dei capitali necessari, il coinvolgimento del privato diventa cruciale: le infrastrutture sono una classe di investimento appetibile, ma in Italia resta da sciogliere il nodo della fiducia. Gli investitori istituzionali chiedono, infatti, stabilità decisionale, chiarezza, continuità nelle decisioni politiche, temendo l’incertezza spesso legata a lunghi processi autorizzativi. Una semplificazione della burocrazia è cruciale; è importante notare, tuttavia, che eccessi nella velocizzazione degli appalti pubblici rischiano di ridurre la qualità delle opere e pregiudicare la concorrenza, privando il mercato di fondamenta solide. In parallelo, servono iniziative che rafforzino le competenze delle pubbliche amministrazioni e consentano loro di collaborare per utilizzare al meglio quelle già presenti. Agire sulla governance nello scenario post-PNRR significa, quindi, intervenire sui limiti di programmazione strategica del Paese, fissando priorità chiare.

        Rimane indispensabile un lavoro sulle tante infrastrutture immateriali e sui cambiamenti culturali fondamentali per preparare la società alle sfide del futuro, in un Paese che rimane molto diversificato e complesso. Per questo politiche di sviluppo standardizzate rischiano di non riuscire a liberare le potenzialità dei tanti territori italiani. Si possono distinguere tre Italie: una metropolitana, una delle aree interne e una di mezzo. Quest’ultima, composta da città medie e da comuni della provincia, è la realtà meno visibile e studiata, ma ha grandi potenzialità. Deve riuscire ad attivare le proprie reti, creando connessioni orizzontali e realizzando quelle economie di scala che altrimenti emergono solo nei grandi poli metropolitani. La sua valorizzazione richiede una visione integrata, capace di tenere insieme differenze e unicità, utilizzandole come leve di crescita.

        In questo lavoro di messa a sistema dei punti di forza, non si può trascurare la dimensione marittima e portuale. L’Italia si affaccia sul Mediterraneo che, pur rappresentando l’1% della superficie dei mari del mondo, concentra una quota pari al 20% del traffico commerciale. Per questo va sottolineata l’importanza dei porti: sono nodi di un’economia del mare che vale oltre il 10% del PIL nazionale e avrebbero bisogno di una governance capace di guardare alle loro interconnessioni ben oltre l’ambito locale. 

        Allo stesso tempo è necessario riconsiderare il turismo — con un impatto diretto pari al 13% del PIL, ma più ampio se si include l’indotto — come risorsa strategica, tenendo presenti i rischi legati all’overtourism. L’Italia, che vanta profili di leadership nel turismo di alta gamma, deve rafforzare le proprie eccellenze anche grazie a un’adeguata formazione e a un approccio che valorizzi l’intero territorio attraverso il coinvolgimento dei diversi settori economici, a iniziare dalla manifattura. 

        Se la ripartenza post-Covid è servita per catalizzare nuove risorse e nuovi metodi per lo sviluppo, il periodo che seguirà l’attuazione del PNRR deve essere impiegato per consolidare strategie in uno scenario complesso. Le principali urgenze da affrontare riguardano il clima e la demografia. L’Italia è estremamente esposta ai rischi climatici e avrebbe bisogno di mezzo punto di PIL annuo per mettere in sicurezza le infrastrutture, recuperando quanto prima il tempo perso nell’implementazione di strumenti importanti come il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. In parallelo, il Paese non può sottovalutare gli importantissimi effetti demografici determinati dal calo delle nascite, dall’invecchiamento della popolazione e dalla fuga di cervelli che un’insufficiente capacità di attrarre talenti non riesce a compensare.

        Ripensare lo sviluppo significa, quindi, trovare nuovi modi in cui l’Italia possa reagire alle pressanti sfide del presente e del futuro. Si tratta di uno scenario complesso in cui la resilienza dei territori e delle città non è più solo la capacità di resistere alle crisi, ma anche l’abilità di costruire un nuovo equilibrio maggiormente vantaggioso tra le avversità e le opportunità dei decenni a venire.