La scienza pura o di base, al centro del rapporto Ricerca pura e applicata nelle scienze morali — presentato in occasione del seminario Aspen Il futuro della scienza pura: il caso delle scienze morali — comprende ogni tipo di ricerca scientifica slegata da obiettivi specifici. I suoi valori e tratti distintivi, come la curiosità, la creatività e il pensiero critico, non fanno distinzione tra le scienze naturali e le altre scienze, ovvero tra hard e soft sciences.
Come emerso dal precedente rapporto di Aspen In favor of pure science, la centralità della scienza pura richiede una nuova cultura umanistica capace di ridefinire i legami tra le due culture, entrambe fondate sul pensiero critico e sul presupposto che le scienze non hanno confini disciplinari ben definiti e devono promuovere la collaborazione interdisciplinare.
Affermare che non vi sia differenza sostanziale tra scienze sociali e naturali dal punto di vista dei valori della ricerca non significa ignorare le differenze di paradigma, metodo e oggetto di studio. Le scienze morali sono orientate alla conoscenza dell’individuo e della società, mentre le scienze “dure” studiano il mondo fisico e naturale. Tuttavia, il tratto comune è, e rimane, l’esigenza di promuovere metodologie che permettano di ridurre al minimo la soggettività e il pregiudizio.
Il problema che la comunità scientifica mette al centro di questo dibattito riguarda la mancanza di investimenti nella scienza di base, nonostante le dimostrazioni dell’efficacia della ricerca pura nell’orientare e stimolare ricerche applicate con risultati pratici: se questa carenza è evidente nelle scienze fisiche e naturali, lo è ancora di più nelle altre scienze. In sintesi, il contributo alla ricerca pura che può derivare dalle soft sciences è sottovalutato.
La funzione fondamentale della ricerca pura anche nelle scienze morali riguarda la promozione e la valorizzazione delle conoscenze di cause ed effetti relativi alle principali questioni dell’agenda politica globale, insieme alla valutazione delle politiche che si propongono di governare determinati fenomeni.
Un esempio concreto: buona parte dei 17 obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite – abolizione della povertà e della fame, tutela e promozione della salute, sostegno all’educazione, inclusione, riduzione delle disuguaglianze, superamento della disparità di genere, solo per citarne alcuni – richiedono un ampio e approfondito lavoro di ricerca teorico-empirica e lo sviluppo di conoscenze nell’ambito delle scienze morali e sociali. Allo stesso modo, come evidenziato dal Global Risks Report 2024 del World Economic Forum, la maggior parte dei rischi globali sono di natura socio-politico-economica. Tra questi, tanto per citarne alcuni, disinformazione, insicurezza informatica, polarizzazione sociale, migrazioni.
Altro aspetto a sostegno della ricerca pura nell’ambito delle scienze sociali e morali riguarda la tutela dei valori e delle istituzioni della liberaldemocrazia e della società aperta che concepiscono la persona e la società come realtà complesse non riducibili a contrapposizioni aprioristiche come, ad esempio, popolo “buono” ed élites “corrotte”.
Infine, l’appello a un sostegno ampio verso la ricerca di base “estesa” a tutte le scienze è ancora più significativo nell’epoca dell’intelligenza artificiale: la rivoluzione digitale in atto richiede una ricerca multidisciplinare che offra ai decision-maker quella conoscenza necessaria a governare le trasformazioni e non a subirle.
Proprio le sfide poste dall’intelligenza artificiale mettono al centro la necessità di investimenti in ricerca e formazione, un approccio più aperto alla scienza – secondo i principi della open science – una promozione di processi di governance adeguati e dell’integrità della ricerca presso tutti coloro che partecipano al processo collettivo di “scoperta”.
Sono stati portati anche altri esempi paradigmatici. Ad esempio, il modo in cui le teorie della decisione e della razionalità hanno influenzato gli studi empirici sull’agire economico. Oppure l’impatto strategico della scienza pura nell’analisi di issues socialmente rilevanti quali lo sviluppo tecnico-scientifico e le trasformazioni del lavoro umano o, infine, le dinamiche delle migrazioni internazionali.
Tra le raccomandazioni proposte e discusse in favore della ricerca di base nelle scienze morali, vengono quindi sottolineati, oltre alla promozione e all’adeguato finanziamento pubblico e privato della ricerca di base, l’adozione di criteri di misurazione dei risultati al di là degli effetti immediati; la promozione delle discipline STEAM (dove “A” sta per arts, operando così una piena inclusione delle scienze morali e dell’umanesimo scientifico nel novero delle scienze); lo sviluppo di una “cultura politecnica”; l’aggiornamento del sistema educativo a tutti i livelli; la creazione di uno spazio per sviluppare il pensiero critico tra imprese, lavoro e accademia; la promozione delle scienze morali e sociali come presidio di democrazia.