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Il futuro della Russia nel mondo post-globale

  • Incontro in modalità ibrida - Roma
  • 6 Luglio 2022

        La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina sta producendo effetti globali, soprattutto in chiave energetica e più ampiamente economica, in un contesto internazionale che era già piuttosto instabile. Nonostante la frammentazione o regionalizzazione di alcuni fenomeni in corso, la globalizzazione rimane complessivamente una realtà fondamentale per il mondo di oggi, sia in chiave di interdipendenza commerciale che ancor più di connessioni finanziarie – settore in cui il predominio occidentale resta netto. La sfida è semmai la carenza di governance di questi processi globali, che anzi diventa un problema sempre più evidente a fronte di tensioni geopolitiche.

        Gli stessi effetti tangibili delle sanzioni (dirette e indirette) sull’economia russa confermano comunque l’importanza dei flussi globali, nel senso che anche un Paese con una forte presenza dello Stato nell’economia non riesce ad isolarsi totalmente, soprattutto se spera di conservare il livello di consumi a cui i suoi cittadini erano abituati. Certamente non siamo di fronte a un collasso dell’economia russa se si guarda alle commodity e ai beni di prima necessità, né a una situazione equiparabile a quella ucraina con l’enorme livello di distruzione fisica che il Paese invaso sta sperimentando; ma il quadro economico russo è cambiato per la classe media (lo dimostrano i dati sull’occupazione e in parte sull’inflazione) ed è difficile prevedere quanto l’impatto delle sanzioni aumenterà nella seconda parte dell’anno.

        Va notato che la struttura dell’economia russa non è particolarmente resiliente, con il suo altissimo grado di dipendenza dall’export energetico, e non dispone di una capacità di grande diversificazione né tantomeno innovazione. Il vero vantaggio comparato di cui dispone il governo è poter contare sulla repressione o neutralizzazione del dissenso politico, e su una generale abitudine della cittadinanza a contenere le proprie aspettative.

        Proprio per queste ragioni, l’evoluzione della situazione economica in Russia dipenderà in gran parte dal possibile embargo del gas e del petrolio russo, e ovviamente dalla disponibilità di acquirenti come Cina e India di sostituire in buona misura i tradizionali compratori europei. In proposito, il problema per l’Occidente è però la tenuta delle opinioni pubbliche, che collegheranno la recessione in arrivo con il contesto della guerra e il relativo coinvolgimento deciso dai propri governi. Secondo alcuni osservatori, questo è il motivo principale per esplorare comunque tutte le opzioni diplomatiche appena possibile, oltre naturalmente al tentativo di ridurre le vittime della guerra.

        A fronte di questi costi e rischi economici, in ogni caso, la leadership russa al momento non intende modificare la linea di fondo che è stata seguita militarmente nella campagna in Ucraina: ottenere sufficienti acquisizioni territoriali e influenza politica su Kiev da poter dichiarare una “vittoria”. Questo implica la “messa in sicurezza del Donbass” – e forse anche una sorta di fascia-cuscinetto oltre i confini del Donbass – e alcune concessioni legislative del governo ucraino per limitare la presenza di partiti o movimenti di estrema destra – il cosiddetto obiettivo della “denazificazione”. Su queste basi è immaginabile quantomeno una tregua, ma nulla – forse neppure una forma di garanzia multilaterale – garantisce che non ci sarebbe una ripresa delle ostilità. Lo scenario più probabile è un conflitto parzialmente “congelato” senza una prospettiva di vera stabilizzazione – in particolare finché non ci sarà un mutamento dell’assetto politico a Mosca, secondo alcuni partecipanti.

        Nei rapporti UE-Russia, dopo una fase di sostanziale ottimismo, forse eccessivo, si è passati – dal 2008 in poi – a un maggiore pragmatismo ed ora a un pessimismo diffuso. Gli interessi economici e politici di fondo non sono probabilmente cambiati in modo altrettanto radicale, ma le percezioni reciproche hanno subito un’oscillazione molto brusca – soprattutto perché Mosca sta dimostrando di adottare dei criteri ottocenteschi rispetto alle questioni territoriali e al nazionalismo. A medio termine si porrà la questione della ricostruzione fisica e infrastrutturale dell’Ucraina, che sarà strettamente connessa al percorso di adesione per Kiev che è stato già formalmente avviato da Bruxelles.

        Quanto alla NATO, la tendenza sembra essere verso una sorta di “nuova guerra fredda”, già caratterizzata da un consolidamento della contrapposizione militare in Europa, ma questa volta con un ampliamento della competizione alla Cina – come principale alleato della Russia. Intanto, una vasta fascia di Paesi nel resto del mondo resta in posizione di incertezza o ambiguità rispetto a questo schema “bipolare” emergente, e il loro ruolo sarà potenzialmente decisivo nel dare forma al sistema internazionale. La consapevolezza di tale atteggiamento ambiguo è un altro motivo di cautela e consiglia di essere pragmatici piuttosto che punitivi verso Mosca, a condizione però che vi siano segnali chiari di una minima razionalità negoziale da parte di Vladimir Putin – segnali che al momento non sono visibili.