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Gli staff dei politici

  • Roma
  • 5 Aprile 2023

        La storia dei gabinetti politici ha vissuto diverse fasi dal 1861 a oggi. Dall’Unità d’Italia al termine della Seconda Guerra Mondiale le loro principali caratteristiche erano l’estrema frammentarietà e discontinuità e la complessiva esiguità dei compiti, che escludevano quelli politici e parapolitici, limitandosi a un generico supporto al ministro di riferimento, anche per i suoi affari personali. Con l’inizio della storia repubblicana, i gabinetti vedono mutare la propria natura, crescere il proprio numero e le proprie funzioni e, soprattutto, aumentare via via la propria incidenza nell’attività politica. 

        Da un punto di vista storico, ciò è dovuto a un complessivo ridimensionamento del ruolo degli apparati amministrativi pubblici che, formatisi in gran parte sotto il regime fascista, non riscuotono la fiducia dei nuovi vertici repubblicani. Questi ultimi preferiscono rivolgersi ad altri corpi dello Stato, da cui attingono per costituire i propri staff che – soprattutto con i primi governi centristi “della ricostruzione” – svolgono un ruolo centrale per l’azione amministrativa. La nascita del centrosinistra e l’esigenza di una programmazione di più lungo periodo portano in seguito a un reclutamento dei membri dei gabinetti che tenga conto anche della fidelizzazione politica. 

        Da quel momento in poi si oscilla continuamente tra gabinetti fortemente legati al ministro e altri che privilegiano il ruolo di servizio alle istituzioni, fino ad arrivare – con  la crisi della politica e dei partiti tradizionali di inizio Anni Novanta – alla “fase d’oro” del gabinettismo italiano: gli uffici di diretta collaborazione assumono quasi un ruolo di “difesa” del ministro di riferimento, ora meno esperto della macchina pubblica, e i gabinettisti vedono ulteriormente crescere la propria autonomia operativa e la possibilità – che teoricamente le norme non consentirebbero – di interferire tra ministro e amministrazione attiva.

        Tale centralità è dettata anche dal fatto che i gabinetti hanno nel tempo assunto dimensioni davvero significative: oggi, quasi tutte le strutture sono composte da più di 100 membri ma non di rado il numero sale sopra i 200 e a volte i 300. Per il reclutamento, rimane comunque forte il ricorso ai corpi tradizionali, come il Consiglio di Stato, l’Avvocatura Generale, la Corte dei Conti mentre più rari sono i consiglieri parlamentari. Questo discorso non si applica ai Ministeri dell’Interno, della Giustizia, degli Esteri e della Difesa, dove la presenza di personale interno negli staff di diretta collaborazione è preponderante quando non totale. Infine, sebbene essa sia stata nel tempo arricchita e diversificata, la preparazione prevalente tra i gabinettisti è di tipo giudiziario. Per questo, spesso, i provvedimenti amministrativi assumono veste di legge e le leggi hanno un impianto casistico. La conoscenza delle leggi permette, d’altro canto, di informare l’azione di governo per prevenire le possibili obiezioni del mondo della magistratura.

        Il “gabinettismo di professione” è stato un fenomeno tipico italiano almeno fino al termine della Prima Repubblica e in alcuni casi anche dopo, sebbene il sistema elettorale maggioritario corretto proporzionalmente abbia – almeno sulla carta – ridotto il numero di gabinettisti che possono operare sotto due governi di segno opposto. Tale fenomeno non viene ben visto in alcune istituzioni internazionali, come ad esempio l’UE, dove l’esperienza di lungo corso viene a volte “sacrificata” a favore di una maggiore indipendenza di giudizio.

        I gabinetti italiani, così centrali oggi nella vita istituzionale, mettono comunque in luce due debolezze che si assumono anche il compito di coprire: quella del corpo politico e quella del corpo amministrativo. Essi, cioè, da un lato formulano policies – primariamente, low policies –  e dall’altro si sostituiscono all’amministrazione attiva per quei compiti che essa non sa svolgere o dei quali non ha più la responsabilità, spesso per motivi di scarsa fiducia. Quello dei gabinetti è dunque uno strato “parapolitico” di intermediari tra politici e amministrazione, principalmente attivo nell’implementazione e nell’esecuzione delle politiche del governo. Una strategia che punti ad aumentare la qualità e la specializzazione della pubblica amministrazione rappresenta, quindi, il modo migliore per diminuire il ricorso a figure supplenti e uno strumento idoneo a restituire agli staff dei politici il loro ruolo originario, forse più limitato ma ugualmente importante.