Imprese e attori sociali del settore sanitario si trovano oggi a dover affrontare la sfida della sostenibilità, in particolare per quanto riguarda le conseguenze dei cambiamenti globali sul benessere della popolazione. La salute umana è sempre più esposta agli effetti del cambiamento climatico, che si manifestano con crescente intensità sia sul piano sociale che economico. Le rilevazioni degli ultimi anni delineano un quadro allarmante: aumento della mortalità legata alle ondate di calore – con l’Europa tra le aree più colpite – diffusione di virus in zone finora indenni, aggravamento di malattie in precedenza più contenute, effetti negativi sulla fertilità.
Questi fenomeni generano rilevanti implicazioni economiche e sociali, a partire dall’incremento della spesa sanitaria – già oggi sotto forte pressione, soprattutto in Italia – fino all’accentuarsi delle disuguaglianze. Uno scenario destinato a peggiorare rapidamente, a causa della natura esponenziale della crisi climatica, che costringe gli scienziati ad aggiornare continuamente al rialzo le proprie previsioni.
Sebbene la consapevolezza della crisi ambientale sia ormai diffusa e il percorso verso la sostenibilità tracciato, la transizione è oggi messa alla prova da un contesto geopolitico instabile, segnato da conflitti, frammentazione e da un parziale ripensamento di alcune politiche ambientali. In particolare, l’Europa – pur confermando gli obiettivi del Green Deal – riconosce come, in assenza di un’adeguata valutazione d’impatto, alcune misure rischino di compromettere la competitività industriale. Si cercano soluzioni, ma resta il rischio che la crescente disattenzione politica verso la sostenibilità ne indebolisca l’urgenza e la priorità.
In questo quadro, una delle poche certezze confermate dai dati è che il costo dell’inazione supera quello dell’azione. Le imprese giocano quindi un ruolo cruciale. Sempre più aziende – in particolare nel settore farmaceutico – hanno scelto di integrare la sostenibilità nelle proprie strategie di lungo periodo, rendendola una leva competitiva. Ne derivano benefici non solo per l’ambiente, ma anche per le persone che lavorano nell’impresa, per le comunità in cui essa opera, e per la performance economico-finanziaria dell’azienda stessa.
Questa scelta ha effetti positivi anche lungo tutta la filiera: la sinergia tra imprese e fornitori può infatti rappresentare un motore di competitività e innovazione, accelerando la transizione verso modelli produttivi e soluzioni più sostenibili, sia di prodotto che di processo.
Tuttavia, l’impegno del solo mondo imprenditoriale non basta. In linea con l’approccio One Health – che riconosce l’interconnessione tra salute pubblica e salute ambientale – serve un’azione coordinata tra istituzioni, imprese e cittadini, fondata su un dialogo costruttivo e continuo. Solo così sarà possibile raggiungere gli obiettivi di sostenibilità senza compromettere il futuro di settori strategici, come quello farmaceutico, che attraverso innovazione e produzione di farmaci, vaccini e principi attivi contribuisce in modo decisivo alla salute e alla crescita economica.
Alcune recenti proposte di policy – come la revisione della legislazione farmaceutica o la direttiva sul trattamento delle acque reflue – dimostrano quanto sia rischioso adottare un approccio scollegato dal confronto con il settore industriale. L’assenza di dialogo può minare la competitività europea, a tutto vantaggio di attori globali come Stati Uniti e Cina, e compromettere l’accesso alle cure. Una prospettiva particolarmente critica per l’Italia, che si è affermata come uno dei principali hub europei per la produzione e l’export di medicinali.