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Attività

The world post Covid-19

    • Incontro in modalità digitale
    • 11 Novembre 2020

          La pandemia da Covid-19 ha messo il mondo davanti a una nuova realtà e sottolineato l’esigenza di ripensare i sistemi economici e i modelli di sviluppo e optare, come già evidenziato dalla nuova Commissione Europea, per un nuovo progetto più sostenibile, più “verde” e più inclusivo. La Cina, da cui tutto è partito, è la nazione che per prima è riuscita a controllare e prevenire il rischio pandemico. Colpita per prima dal virus, ha gestito il problema – al di là dell’aspetto sanitario – intervenendo sulla ripresa della produzione e della domanda interna, grazie a forti stimoli fiscali e ad una politica monetaria più flessibile e moderata.

          Tuttavia, se da una parte l’impatto nel breve periodo è stato attenuato e gradualmente eliminato, l’impatto nel lungo periodo non va ignorato anche se i fondamentali della crescita economica cinese non sono cambiati. Il dilemma sarà prestare attenzione agli aggiustamenti nella struttura industriale e soprattutto individuare e sostituire i drivers della crescita già esistenti con nuovi drivers. Inoltre, bisognerà ripensare la relazione tra domanda e offerta: la crisi ha messo in evidenza l’importanza dell’offerta e forse, in questo senso, sarà necessaria una revisione delle regole e lasciare più spazio al mercato nella allocazione delle risorse. La parziale deglobalizzazione in atto è, secondo gli esperti cinesi, soltanto temporanea e le politiche utilizzate per spingere la domanda interna e la riforma dell’offerta porteranno nuova vitalità all’economia globale, mettendo la Cina al centro di un sistema mondiale più interconnesso.

          La prospettiva della Cina è di lungo periodo. Non solo: la forte interconnessione tra le economie dei vari angoli di mondo rende necessaria una maggiore consapevolezza sul ruolo della cooperazione internazionale, sia in ambito economico sia nella elaborazione di politiche ambientali sostenibili, per salvaguardare l’interesse comune di tutti. La Cina sostiene di avere superato la crisi sanitaria e anche la crisi economica e, proprio per questo, sollecita una maggiore collaborazione tra nazioni.

          La pandemia in Europa non è affatto sotto controllo, la crisi recessiva da essa indotta ancora meno. Vengono sottolineati gli sforzi messi in atto dalla Commissione Europea, dalla Banca Centrale Europea e dai governi dei singoli stati, offrendo l’immagine di istituzioni europee coese e attive nell’emergenza. Un’Europa che stava conoscendo una ripresa economica dopo la grave crisi finanziaria dello scorso decennio, ma che ora arranca di nuovo. E allora si rende necessario continuare sulla strada dell’individuazione di un nuovo modello di sviluppo e di crescita, che sia sostenibile e inclusivo. Nel breve periodo si deve continuare a dare supporto alla parte più debole della società mentre per il lungo periodo sono stati resi disponibili dalla Commissione Europea strumenti come Next Generation EU e SURE. Naturalmente poi spetta ai governi nazionali mettere a punto progetti di crescita, sviluppo e inclusività. Sarà anche importante, a livello europeo, portare avanti l’unione bancaria e dei mercati finanziari, allo scopo di assicurare un rafforzamento del ruolo dell’Unione Europea nel garantire la stabilità dell’economia mondiale.

          La governance globale in tempi di crisi ha chiaramente accusato il colpo. Va sicuramente fatto di più e sono emerse varie idee in proposito: una nuova Bretton Woods in cui la collaborazione tra nazioni poggi su una base politica comune, andando verso qualcosa di nuovo, oppure cercare di riformare quanto già esiste, adeguandolo alla nuova realtà economica e sociale che si è delineata in questi anni e che la crisi sanitaria ha evidenziato ancora di più.

          Per il futuro sarà necessario non mettere al centro delle proprie scelte gli interessi nazionali, essere disposti ad una apertura verso l’esterno raggiungendo accordi di reciproco interesse, aprire a politiche multilaterali in campo economico, lasciando da parte il bilateralismo e, soprattutto, affrontare un cambiamento che sia politico ma anche culturale. Solo basando le relazioni tra i paesi sulla fiducia reciproca si potranno avviare progetti di riforma ampi e coerenti agli obiettivi necessari.