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Attività

The war in Ukraine and the challenge of energy security: constrains and opportunities for Italy

    • Incontro in modalità digitale
    • 4 Maggio 2022

          La questione energetica ha inevitabilmente assunto tutti i caratteri di una vera emergenza, strategica oltre che climatica ed economica, dalla fine di febbraio. Il Green Deal europeo, con il pacchetto clima “Fit for 55”, ha segnato un mutamento di paradigma economico e una visione virtuosa del futuro, sebbene non abbia precisato alcuni passaggi decisivi della transizione: il piano era fortemente incentrato sul sostegno al passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, anche con una politica di aumento deliberato dei costi delle prime rispetto alle seconde. Ora, le priorità si sono comprensibilmente riorientate verso la sicurezza e la diversificazione degli approvvigionamenti. In quest’ottica, il gas è tornato decisivo in un’ottica di medio e forse lungo termine, sebbene con uno spostamento verso fornitori africani e LNG (dunque rigassificatori).

          Proprio guardando all’aumento auspicato di forniture di LNG, i ritardi però non possono essere colmati in tempi rapidissimi, soprattutto per un Paese come l’Italia, visto che le scelte a monte sono di tipo infrastrutturale e quelle che vengono compiute oggi produrranno i maggiori effetti nell’arco di anni.

          La priorità ancora più pressante è quella di contenere gli effetti negativi dell’aumento dei prezzi – praticamente di tutte le fonti energetiche, simultaneamente – e in tal senso l’ipotesi di un “price cap” europeo non sembra al momento realizzabile. Nell’immediato futuro si dovrà dunque fare affidamento sulle varie misure nazionali per compensare almeno in parte il divario di competitività che gli aumenti dei prezzi stanno imponendo alle aziende – soprattutto nei settori dell’industria pesante ma anche delle manifatture. Il manifatturiero è, peraltro, particolarmente vulnerabile a interruzioni della produzione perchè il rischio è molto forte che poi la riapertura risulti impossibile anche qualora le condizioni di mercato migliorassero. Si tratta di una sfida cruciale per un’economica manifatturiera come quella italiana.

          Per l’Italia è poi fondamentale il tentativo di ridurre il peso complessivo del gas nella generazione elettrica, che comunque è oggi ritenuta una scelta sostanzialmente antieconomica. Alcuni settori industriali invece non possono fare a meno del gas, e questa porzione va preservata ma mediante una riorganizzazione delle forniture e, appunto, una maggiore diversificazione.

          Parallelamente, una porzione della domanda si può e si deve ridurre in modo strutturale (con l’aiuto dei cittadini e in particolare delle abitudini nell’uso di elettricità), grazie a risparmi ed efficientamento, aiutando così a sostenere i settori industriali meni flessibili in tal senso. Un secondo aspetto fondamentale è migliorare le capacità di stoccaggio, anche dell’energia elettrica (sia investendo nelle batterie sia sfruttando al meglio le capacità idroelettriche).

          Guardando ai costi energetici, il costo vero e proprio è quello del pagamento delle forniture; i cosiddetti “costi della transizione” possono invece trasformarsi in investimenti e volani di innovazione e crescita. Ma le scelte per renderlo possibile vanno compiute prima delle fasi emergenziali e devono avere un orizzonte più ampio verso il futuro. Un’azione di questo tipo sarà anche la migliore risposta ai rischi di stagflazione che oggi incombono sull’economia globale.

          Ci sono poi i costi sociali della transizione: massima attenzione va dedicata alle fasce socio-economiche più deboli, per evitare che la transizione diventi di fatto “politicamente regressiva”: se i costi maggiori (in termini relativi) sono imposti di fatto sulle categorie più fragili, si produce infatti una spaccatura politica che rende poi debole il consenso democratico.

          Analizzando in maggiore dettaglio il passaggio progressivo alle fonti rinnovabili, altri Paesi europei hanno fatto meglio dell’Italia nell’accelerare le procedure autorizzative per gli impianti rinnovabili, ed è questa la strada da seguire con maggiore coerenza. La media di realizzazione di impianti negli ultimi anni non è compatibile con i piani attuali e gli obiettivi attuali del governo: è chiaro dunque che urge un cambio di passo.

          D’altro canto, l’Italia gode oggi di una proiezione mediterranea strategicamente importante, che può essere sfruttata anche verso l’intero continente africano pianificando partnership di lungo periodo che siano mutuamente vantaggiose.

          Un vero mercato europeo dell’energia fornirebbe comunque un quadro in grado di modificare le condizioni complessive sia in chiave di prezzi sia in chiave di capacità negoziale con i fornitori – rafforzando i consumatori rispetto ai produttori. Dalla prospettiva italiana vi sono dunque alcune iniziative da intraprendere a livello nazionale in termini di tipo emergenziale o di rapida riconversione (in buona parte già avviate), sempre a livello nazionale con scelte strategiche di medio e lungo periodo, e infine a livello congiunto europeo per rafforzare la capacità negoziale della UE su scala globale.