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Attività

Verso una sanità globale: lezioni dalla pandemia

    • Incontro in modalità ibrida - Roma
    • 16 Giugno 2022

          La pandemia da Covid-19 ha segnato in maniera profonda e irreversibile la vita di intere popolazioni in tutto il pianeta, con ripercussioni economiche e sociali gravi e durature. Rispetto ad analoghi fenomeni avvenuti nel passato, il virus Coronavirus SARS-CoV-2 si è distinto per la capacità di propagarsi a livello globale in un periodo di tempo breve, favorito da alcune caratteristiche proprie, ma soprattutto dall’interconnessione delle società contemporanee e dall’intensità e frequenza degli scambi di merci e persone tra paesi e continenti. Sintetizzando: dalla globalizzazione.

          I fenomeni infettivi potenzialmente epidemici sono quadruplicati negli ultimi sessant’anni, e dal 1980 il numero di epidemie scoppiate ogni anno è più che triplicato: Covid-19 non avrebbe dovuto essere un evento inatteso. Invece, solo poche settimane prima dei primi casi infezione da questo agente patogeno fino ad allora sconosciuto, il Global Health Security Index rilevava come nessun paese e nessun sistema sanitario fosse pienamente preparato per gestire un evento biologico catastrofico come una pandemia.

          Quando il virus ha investito uno dopo l’altro tutti i paesi del mondo, nei primi mesi del 2020, e i sistemi sanitari hanno sperimentato livelli di stress come mai prima, le risposte all’emergenza da parte dei governi nazionali sono state in misura variabile non immediate, frammentate e discontinue. Analogamente, le istituzioni internazionali non sempre hanno saputo coordinare le autorità nazionali per frenare la diffusione del virus e offrire cure adeguate per i pazienti affetti da Covid-19.

          A oltre due anni dall’inizio della pandemia, si possono trarre alcune importanti lezioni. Tra tutte spiccano la centralità delle politiche per la salute, l’interdipendenza dei sistemi sanitari nazionali e, di conseguenza, la necessità di realizzare una sanità globale: un obiettivo raggiungibile solo attraverso lo sviluppo equilibrato della sanità in tutte le aree del mondo, anche quelle più arretrate.

          La ricerca delle cause della pandemia ha inoltre evidenziato la stretta interdipendenza tra salute dell’uomo, animali e ambiente, e quanto sia necessaria – in un mondo fortemente interconnesso – l’integrazione di settori cruciali quali la sicurezza, la difesa, l’educazione, la cooperazione internazionale, in particolare con i paesi in via di sviluppo: per fronteggiare le epidemie evitando che si trasformino in pandemie, occorre difendere la salute in tutti i settori, collaborando a livello multilaterale internazionale e avendo come riferimento l’approccio One Health nella definizione di politiche condivise in grado di ridurre il rischio di zoonosi.

          Verso una maggiore preparazione

          È proprio questo l’aspetto emerso con maggior chiarezza: il valore della preparedness, vale a dire la capacità di preparazione nel campo delle emergenze in sanità pubblica, disegnando e implementando una serie di piani di risposta a situazioni impreviste determinate dalla comparsa di infezioni sconosciute. Per essere efficace, la preparedness non può limitarsi ai sistemi e agli operatori sanitari, ma deve coinvolgere i cittadini, destinatari di progetti e campagne di comunicazione ed educazione sanitaria.

          Gli investimenti in preparedness sono molto più convenienti ed efficaci degli investimenti in risposta sanitaria – anche in termini di vite umane. Gli impatti di Covid-19 si sono, infatti, manifestati nell’incremento della mortalità diretta, ma anche sotto forma di rallentamenti e sospensioni dei servizi sanitari erogati e nell’aumento della morbidità indiretta: maggior consumo di alcool e tabacco, obesità, ritardo nello screening di malattie oncologiche. Ad esempio, nel 2020 in Italia si è registrato il dimezzamento degli screening per tumori della mammella, del colon e della cervice uterina rispetto al 2019: le diagnosi tardive si tradurranno in maggiore mortalità nei  prossimi anni. Non va, infine, dimenticato il fenomeno del cosiddetto long Covid.

          Il management di una situazione pandemica e la stessa preparedness devono essere basati sulla collaborazione internazionale, guidata dai valori chiave della cooperazione, della solidarietà e della trasparenza – che include la condivisione di dati e la capacità di integrare le informazioni che derivano dall’individuazione di segnali d’allarme.

          La collaborazione internazionale si rivela fondamentale anche per la produzione di farmaci e vaccini: in un’ottica di politica degli acquisti ispirata alla sicurezza nazionale e all’economia di mercato, molteplici fonti e un sistema multipolare della produzione permettono di aumentare la capacità diffusa di produrre e prevenire l’emergere di possibili carenze di farmaci.

          Segnali positivi per le strategie per affrontare le crisi future arrivano a livello internazionale dalla ripresa del multilateralismo con il rientro degli Stati Uniti nell’OMS, e dall’avvio delle negoziazioni per un trattato internazionale delle pandemie in seno all’OMS stessa. La Commissione Europea non ha competenza in materia di salute per imporre misure vincolanti ai singoli Stati, ma già dalle prime fasi della pandemia aveva mostrato un buon grado di prontezza, ad esempio garantendo i vaccini ai 27 Stati membri in contemporanea e adottando il certificato comune. Inoltre ha confermato l’impegno a contrastare le pandemie future attivando misure come il rafforzamento dell’Agenzia Europea del Farmaco, per facilitare e accelerare le autorizzazioni; il potenziamento dell’Agenzia delle Malattie Infettive, per migliorare la sorveglianza europea e favorire l’armonizzazione nella raccolta dei dati e nei metodi diagnostici; la creazione dell’Agenzia permanente HERA (Health Emergency Preparedness and Response Authority) su modello di quella statunitense, per una rete europea di ricerca e sviluppo per la produzione di vaccini.

          I passi in avanti dell’Italia

          A livello nazionale, la Legge di Bilancio 2022 ha previsto la creazione di un hub antipandemico, con un approccio integrato e sistematico, mirato allo sviluppo di vaccini, di anticorpi monoclonali, farmaci e strategie diagnostiche, e con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da altri paesi e limitare il rischio di indisponibilità di farmaci essenziali. Il progetto prevede investimenti in ricerca e sviluppo, in trasferimento tecnologico, in capacità di condurre trial clinici in situazioni emergenziali. Implica, inoltre, una stretta interazione con altri attori per gestire adeguatamente la preparedness attraverso, ad esempio, sistemi di sorveglianza per le malattie infettive per l’identificazione di reservoir non umani e ambientali e attraverso l’integrazione dei sistemi per la raccolta e gestione dei dati, con lo sviluppo di tecnologie per il sequenziamento di varianti. I risultati saranno resi disponibili a livello internazionale.

          In conclusione, l’esperienza pandemica insegna che servono strategie e strumenti che permettano di agire tempestivamente e in maniera coordinata a livello globale in risposta alle emergenze sanitarie. Ma per produrre risultati positivi, le misure adottate richiedono la presenza di una governance della salute globale, che soddisfi criteri di inclusività ed equità. La salute può e deve essere un diritto per tutti: questo significa garantire a chiunque, in qualunque paese, pieno accesso a sistemi diagnostici, farmaci, terapie, vaccini.

          Solo a queste condizioni sarà possibile gestire in maniera più efficiente e più efficace una futura pandemia, laddove dovesse presentarsi.