Non solo profitto. Superata la fase di “turbo capitalismo” il futuro dell’economia mondiale si declina ormai con una tendenza sempre più accentuata verso un nuovo modello. Strategici sono dunque, accanto all’irrinunciabile valore della crescita e dei buoni risultati economici, anche un corretto rapporto con il territorio, un rinato senso della comunità e una maggiore attenzione alle questioni ambientali.
La conferenza inaugurale del progetto Aspen Corporate Initiative – che l’Istituto dedica ai responsabili delle Relazioni Esterne, Istituzionali e Comunicazione delle aziende socie – ha messo a fuoco come i parametri di un’economia sostenibile possano essere la chiave per un più equilibrato sviluppo globale.
Nel nuovo paradigma resta naturalmente la produttività, ma, al tempo stesso, cresce la necessità di condivisione con il territorio dei risultati imprenditoriali, insieme ad una grande attenzione all’ambiente. Se questo è vero in generale nelle economie occidentali – Usa ed Europa innanzi tutto – è ancor più vero in Italia e nel Mediterraneo – dove molto resta ancora da fare sulla questione climatica e ambientale. Senza però perdere di vista l’aspetto competitivo: come si può, infatti, coniugare l’esigenza di un rispetto di alcuni parametri di sostenibilità con un mercato globalizzato dove la competizione è sempre più aspra e sempre più carente di regole, come accade ad esempio in mercati come quello cinese o indiano? Quesito di non facile soluzione.
Quel che è certo è che il modello sostenibile e circolare, nonché quello tout court dell’economia civile, viene declinato da molti ormai come adeguato e, secondo alcuni, come l’unico possibile per entrare ben attrezzati nel mercato globale. Non a caso, peraltro, molte aziende quotate che hanno fatto propri i paradigmi di sostenibilità e responsabilità sociale hanno ottenuto performance borsistiche molto positive.
In questo contesto cambia anche la tradizionale nozione di Corporate Social Responsibility – peraltro connotata da una tradizione e una storia, in Italia e non solo, di grande valore e di tappe importanti per le aziende, grandi e piccole – e diventa un obiettivo strategico condiviso con il top management e ben integrato nelle aspettative aziendali. La stessa Commissione europea ha lanciato un’importante iniziativa per coinvolgere le maggiori aziende europee in questa direzione.
Anche una diversa idea del ruolo del marketing può essere di aiuto in questa importante transizione. Non più dunque un marketing alfiere di un consumismo esasperato dove peraltro il consumatore stesso è sempre confuso, ma uno strumento più mirato che venga incontro ad un consumatore più maturo e attento a parametri ormai esperienziali e più in armonia con ambiente e territorio. Se d’altra parte la prima responsabilità dell’impresa è quella di sopravvivere in un mercato competitivo, allora un marketing moderno e innovativo deve riuscire a contribuire alla sostenibilità dell’impresa laddove sostenibilità si declina come un voler dare all’azienda una visione che vada oltre la sua “vita biologica”.
Un ruolo importante possono giocarlo anche la tecnologia e l’intelligenza artificiale: sia perché le nuove scoperte sollevano e solleveranno l’uomo dai mestieri più ripetitivi ed esecutivi sia perché porranno l’interrogativo di quanto di “umano“ riuscirà invece a sopravvivere in un mondo dove la robotizzazione e le funzioni più esecutive vengono assunte da algoritmi e nuovi paradigmi. E infine quanti dei parametri di welfare esistenti oggi nelle società occidentali sopravvivranno al confronto con mercati emergenti aggressivi e privi a volte di standard minimi di equità e sostenibilità? Non sono sfide banali: ma su queste si giocheranno valori e futuro dell’economia e della società occidentali, e non solo.