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Attività

Nuovi lavori = Nuova formazione

    • Incontro in modalità digitale
    • 19 Luglio 2021

          Numerosi fenomeni attraversano da tempo il mondo del lavoro, tanto da suggerirne un ripensamento complessivo già prima della pandemia: la comparsa di nuove professioni; la globalizzazione dell’offerta lavorativa e l’aumento della competizione internazionale; la crescita esponenziale di tecnologie digitali e automazione. Le vicende dell’ultimo anno e mezzo, come in molti altri contesti, hanno agito da acceleratore dei processi esistenti, fornendo al tempo stesso una grande occasione per attuare interventi significativi.

          Le direttrici su cui si muove oggi il mondo del lavoro sono la digitalizzazione, la sostenibilità e l’inclusione. La prima, che coinvolge ormai ogni aspetto della creazione di prodotti e servizi, non riguarda più solo la produzione ma anche la finanza, l’amministrazione, le risorse umane e così via. La seconda (sempre più intesa come sostenibilità by design) si intreccia con la transizione verde, ha importanti implicazioni economiche e sociali ed è un valore centrale per le imprese che desiderano essere globalmente competitive e attrarre talenti. La terza consente di porre parziale rimedio a problemi quali lo squilibrio – per esempio nella popolazione femminile – tra prestazioni formali e informali erogate e reddito percepito. 

          Queste tendenze di lungo periodo sono tra le cause del mutamento a cui, secondo alcune ricerche, l’80% delle attuali professioni assisterà entro il 2030. La richiesta per alcune di esse crescerà, per altre è destinata a diminuire fino quasi alla scomparsa, mentre molte si ibrideranno tra loro. In questo caso, il rischio è un aumento del talent shortage, che determinerebbe una mancata soddisfazione della domanda emergente. A questi fattori si sommano gli effetti contingenti della pandemia, con cambiamenti significativi sia a livello quantitativo, come il calo di occupazione in numerosi comparti, sia qualitativo, per esempio nel modo di lavorare come le modalità di lavoro da remoto o smart working.

          Per affrontare queste sfide, un ruolo centrale deve essere assegnato al principale interlocutore del mondo del lavoro: l’istruzione di ogni ordine e grado. I tempi della scuola, e della formazione nel suo complesso, sembrano aver accumulato grandi ritardi rispetto alla rapidità sempre maggiore con cui avvengono i cambiamenti. Il progetto di rilancio post-pandemia, in primo luogo con le risorse del PNRR, consente però una programmazione di lungo periodo per agire, a livello formativo, su più piani.

          Con una efficace programmazione la scuola, invece di inseguire i cambiamenti, potrà offrire agli studenti di oggi – lavoratori e, soprattutto, cittadini di domani – solidi strumenti con cui affrontare l’incertezza e le trasformazioni. Alle conoscenze di base, che attingano sia alla tradizione umanistica sia alle materie scientifiche più “dure”, dovrà sommarsi una educazione alle soft skills: leadership, pensiero critico associato al problem solving, capacità di imparare, comunicare, collaborare. In quwsto modo si potranno creare competenze più complesse sia nei singoli che nelle comunità. Su questa base sarà possibile innestare le conoscenze specialistiche necessarie nei vari contesti lavorativi, anche tramite la collaborazione tra scuola, società e attori dei processi produttivi.

          Anche l’istruzione superiore e l’Università potranno ripensare il proprio ruolo, con un’offerta formativa più personalizzata su piattaforme tecnologiche innovative, la creazione di nuovi istituti come le Scuole Universitarie Professionali già presenti in alcuni Paesi e una maggiore permeabilità rispetto al mondo delle imprese. Da parte loro, queste ultime dovranno sempre più assumere un ruolo di erogatori di formazione continua, immediatamente spendibile, anche per contrastare l’obsolescenza di una forza-lavoro che oggi, in molti contesti, copre fino a cinque generazioni. L’inclusione sarà favorita dalla necessità di un complessivo reskilling conseguente alla pandemia e dalle nuove modalità di lavoro che richiedono, oltre a infrastrutture e regole ad hoc, un nuovo modo di relazionarsi e di collaborare. Il dialogo tra formazione e produzione potrebbe così dare vita a un’occupazione di qualità che rappresenti un efficace veicolo per la ripresa dell’intero Paese.