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Attività

A new Green Deal between Europe and the US

    • Incontro in modalità digitale
    • 9 Dicembre 2020

          Non solo tardi. Stavolta l’Unione Europea ha conquistato una posizione di avanguardia sul tema dell’energia verde e sulla lotta al cambiamento climatico. Tanto da dare poi il via a passi importanti di altri paesi, prima fra tutti, la Cina seguita da Giappone, Sud Africa, Corea del Sud e, naturalmente, dagli Stati Uniti. L’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca e la nomina di John Kerry con rango di ministro alla “climate diplomacy” fa presagire un rilancio della cooperazione transatlantica proprio su Green Deal, e non solo.


          09/12/2020
          Conversazione con Paolo Gentiloni
          Commissario Europeo per l’Economia

          La posizione di leadership dell’Europa ha anche permesso alle imprese europee di attrezzarsi in modo più rapido ed efficace nella competizione in questo settore dove la “fuga in avanti” ora è condivisa da altri grandi attori economici internazionali. Un ruolo strategico, inutile dirlo, spetterà alla tecnologia, elemento fondamentale nell’accompagnare la transizione verso la scelta verde. Quel che però conta non è scambiare tecnologie di transizione come quelle del gas con le alternative stabili che sono espressioni di scelte più avanzate. Negli Stati Uniti continua invece la crescita dell’industria del gas cui si deve ascrivere il merito, secondo alcuni osservatori, della riduzione delle emissioni nel Paese. Conta poi soprattutto continuare nel processo di decarbonizzazione, una scelta fondamentale per arrivare alla neutralità climatica che l’Europa si è posta come obiettivo strategico.

          Tanto più vera questa visione sarà per gli Stati Uniti. Può darsi, e l’amministrazione Biden sicuramente si impegnerà in questo senso, che gli Stati Uniti sull’energia verde facciano una scelta innanzi tutto identitaria e poi economica. Ma resta il fatto che il sistema energetico Usa è cambiato, divenuto indipendente con la rivoluzione dello shale gas, e ha   incrementato di 80 volte la propria capacità di accumulo. Con un conseguente e prevedibile impatto sulla geopolitica e sulle scelte di politiche estera di Barack Obama e di Donald Trump, soprattutto nell’aerea del Grande Medio Oriente. Negli Usa le rinnovabili contribuiscono ormai per il 18% al sistema dell’energia e la crescita costante si spiega anche per fattori strettamente economici: l’energia verde costa meno e, con gli investimenti adeguati, può creare molti posti di lavoro. Infine, è bene ricordarlo, l’evoluzione delle reti verso il digitale offre non poche possibilità di business alle Big Tech statunitensi, e non solo.

          La Green Economy non ha attualmente, come aveva in passato, un problema di reperimento di risorse economiche. Negli Stati Uniti come in Europa il mondo della finanza vede con favore l’evoluzione del settore. Non solo si assiste alla crescita dei Green Bonds, ma ormai i criteri di sostenibilità sono intesi dai grandi investitori come indicatori di business piuttosto che elementi frenanti dei numeri di fatturato. Quello che i mercati chiedono è trasparenza del settore e precisi action plans. Soprattutto, in tempi di transizione energetica, servono precisi business model che il mercato finanziario è pronto a supportare, senza tralasciare il fatto che, a motivo della pandemia, l’accesso al finanziamento è comunque oggi più facile e i tassi richiesti sono ancora molto bassi: Covid-19, quasi paradossalmente, ha contribuito a rendere la svolta verde un business ancora più attraente. Senza contare che la comunità finanziaria sempre più predilige leader che abbiano fatto scelte di sostenibilità. Nonostante questo quadro favorevole, non tutte le aziende private riescono a programmare maggiori investimenti: morde ancora la crisi indotta dalla pandemia e la Commissione sta lavorando alla creazione di corsie preferenziali per nuovi investimenti pubblici nel settore.

          A contare molto sarà anche la velocità del processo, soprattutto se si guarda al caso italiano. Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, l’Italia è ancora indietro nell’utilizzo dell’energia rinnovabile e sconta soprattutto l’incidenza di lacci e lacciuoli amministrativo-burocratici. E, al tempo stesso,  il sistema finanziario non è ancora non completamente pronto a recepire  i vantaggi di un investimento “verde” da vedere come opportunità piuttosto che come un  rischio.

          Restano però i risultati positivi che vedono il costo del fotovoltaico sceso del 90% e l’efficientamento energetico arrivato ad un progresso del 31%: una dimostrazione del fatto che mirare alla sostenibilità è una scelta economica che porta a risultati aziendali concreti. L’Italia può giocare un ruolo importante anche nella questione dello storage, visto che nell’ambito del recente accordo europeo spetterà all’Italia il compito di occuparsi del riciclo delle batterie.

          Complessivamente sia per l’Europa sia per gli Stati Uniti il combinato disposto di efficientamento energetico e utilizzo di energie rinnovabili apre un enorme campo potenziale per l’ecosistema dell’energia, oltre ad essere certamente la via più veloce per la decarbonizzazione.  Ma l’attrattività del settore non è un fenomeno solo transatlantico. Anzi: il baricentro si sta muovendo verso l’Asia dove, oltre alla svolta cinese, sono molti i paesi emergenti che intendono coprire il loro fabbisogno di energia utilizzando fonti rinnovabili e seguire Europa e Usa sulla strada di un nuovo Green Deal.