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Attività

The Marshall Plan 60 years on: legacy and lessons for Transatlantic relations

    • Roma
    • 11 Dicembre 2007

          La discussione è stata aperta da una valutazione del significato storico del Piano Marshall: le sue origini nelle condizioni particolari dell’immediato dopoguerra, la filosofia sottostante agli aiuti economici americani all’Europa occidentale, le inevitabili implicazioni politiche e di sicurezza che portarono ad una forte reazione da parte sovietica. Tra gli elementi emersi con maggiore chiarezza figura la concezione spiccatamente multilaterale e lungimirante che prevalse a Washington, pur in una fase di evidente superiorità americana in tutte le dimensioni del potere. Altrettanto importante è risultata la visione complessa e flessibile del sistema economico internazionale come sistema cooperativo oltre che competitivo, fondata su uno stretto legame tra capitalismo e forme di protezione sociale, tra democrazia e sviluppo economico diffuso.E’ stato anche sottolineato, tuttavia, che molte delle scelte alla base del Piano Marshall, e ancor più della guerra fredda che di fatto si aprì nei mesi successivi alla sua adozione, furono assai controverse. In particolare, il consolidamento delle economie di mercato e dell’interdipendenza tra parte dell’Europa e Stati Uniti fu chiaramente percepito come un atto ostile dall’Unione Sovietica. Complessivamente, c’è il rischio di proiettare sul passato un’interpretazione a posteriori, in qualche modo edulcorata, della coesione transatlantica – un’interpretazione contrastante con le difficoltà sperimentate dai contemporanei nel trovare posizioni comuni.Come è emerso dalla discussione, la conduzione della guerra fredda e la sua stessa conclusione sono state oggetto di fortissime tensioni, anche all’interno degli stessi Stati Uniti: soprattutto l’operato di Ronald Reagan è stato rivalutato solo a seguito del crollo pacifico dell’URSS. A tutt’oggi, il giudizio storico su Reagan rimane controverso, visto che una politica di riarmo e una linea aggressiva dal punto di vista retorico-ideologico si sono combinate in modo originale.Guardando al futuro, l’eredità del Piano Marshall rimane di grande rilevanza ad esempio rispetto al consenso interno che consentì agli Stati Uniti di lanciare e poi sostenere nel tempo una politica molto innovativa: in tal senso, una tesi è che nei prossimi anni non si avrà un grado comparabile di bipartisanship e che da ciò deriveranno una serie di oscillazioni spesso imprevedibili oppure una sorta di paralisi in politica estera. Altri ritengono invece che vi sia sempre stato un forte tasso di divergenza anche ideologica tra i due maggiori partiti e che, al contempo, alcuni aspetti della presenza internazionale americana siano tuttora molto condivisi – ad esempio l’esigenza di aumentare le spese per la difesa, come finora evidenziato dalla campagna presidenziale per il 2008.E’ stata sottolineata una profonda differenza tra il sistema internazionale del secondo dopoguerra e quello attuale: la presenza di grandi potenze emergenti in rapida crescita, desiderose di cambiare in parte le stesse regole del gioco a proprio favore. A complicare la situazione, queste potenze sono governate da regimi autoritari o solo parzialmente democratici in senso occidentale, che per loro natura tenderanno a proiettare all’esterno una visione del mondo e della politica scarsamente compatibile con la nostra. In ultima analisi, di fronte alle sfide poste da periodi di grande incertezza e cambiamento, la ricetta vincente rimane quella della capacità di leadership. Una capacità che implica la condivisione e la corresponsabilità di ideali e progetti concreti.

          Strillo: The Marshall Plan 60 years on: legacy and lessons for Transatlantic relations