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Attività

L’informazione economica, il mercato, le imprese

    • Milano
    • 18 Febbraio 2008

          Il dibattito ha toccato alcuni aspetti nevralgici del complesso rapporto tra media e business community, partendo da un assunto di fondo: l’informazione non è un male necessario, ma laddove viene gestita correttamente e in libertà rappresenta il metro di misurazione della maturità delle democrazie. In questa ottica vanno considerati innanzi tutto i costi della “non informazione”, dei silenzi o dei ritardi che diventano un classico esempio di market abuse. I fatti dell’economia, in primo luogo le crisi dei mercati finanziari, sono vittime di profonde asimmetrie informative: è accaduto per la crisi dei subprime americani, è successo per il caso di Société Générale: i giorni di silenzio dell’Autorità di Borsa francese sono sembrati inaccettabili e hanno danneggiato il mercato. Il caso Parmalat è stato più volte citato come paradigmatico: non solo sono stati elusi molteplici livelli di controllo, ma si è inspiegabilmente riusciti a tenere nascosta la reale situazione dell’azienda, media compresi. Particolare attenzione ha anche suscitato le società di rating: il loro ruolo, il loro potenziale conflitto di interesse e il non essere legalmente responsabili delle loro valutazioni che però hanno di fatto influenza notevole sui mercati e condizionano l’intero sistema dell’informazione economica. Sulla trasparenza dell’informazione economica vanno ad incidere alcuni fenomeni recenti quali il ricorso sempre maggiore alla finanza fuori bilancio e alle conseguenze, per alcuni non positive, della vigente legge sul falso in bilancio. Altro tema affrontato è stato quello del rapporto tra gestione delle crisi e leadership politica: non a caso, citando ancora il caso Société Générale non è passato inosservato il fatto che l’Eliseo abbia lamentato di essere stato tenuto all’oscuro della vicenda e di averla sostanzialmente appresa dai giornali. Si è anche discusso della modalità di selezione delle notizie, di come ci sia in Italia una deferenza costante nei confronti di grandi aziende quotate e un interesse molto minore per le piccole e medie imprese. Si è anche ricordato che nel processo di selezione della notizia deve contare la “parzialità dei punti di partenza”: immaginare un’informazione solo imparziale è senza dubbio poco realistico. Altro problema molto sensibile è quello dell’interpretazioni di dati economici. Recenti casi mediatici, rivelatisi poi senza sostanza, sono originati essenzialmente da una non corretta interpretazione di dati importanti: è accaduto di recente sia per uno studio della Banca d’Italia sul livello dei redditi – in calo sì nel periodo 2000-2006 ma in crescita nell’ultimo anno e mezzo. In questa ottica la stessa Banca d’Italia ha annunciato la preparazione di una serie di corsi di formazione per giornalisti economici.

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